di Nunzia La Montagna
Quest’anno ricorre il 150esimo di Charles Dickens. L’uomo che con “Canto di Natale” ha fatto innamorare il mondo di questa festività a prescindere dal contesto religioso a cui appartiene.
Uno dei classici per eccellenza legati a questo periodo: “Canto di Natale”, scritto da Charles Dickens.
Il libro ci catapulta nella vita di Ebenezer Scrooge, vecchio avaro il cui unico pensiero è quello di accumulare quanti più soldi possibili.
Per Scrooge il Natale è una perdita di tempo, tant’è che costringe il suo impiegato, Bob Cratchit, a lavorare anche il giorno della Vigilia di Natale e il giorno di Santo Stefano. Insomma: l’anziano banchiere non possiede per niente il cosiddetto “spirito natalizio”.
Ed è così che, mostrando la repulsione di Scrooge verso chiunque viva questo periodo in maniera allegra e serena, che l’autore “costringe” il suo protagonista (ed il lettore) a scontrarsi con tre fantasmi: il Fantasma del Passato, il Fantasma del Presente e il Fantasma del Futuro.
Il primo Fantasma riporta Ebenezer indietro nel tempo, nel passato, per fargli osservare la sua infanzia dimenticata; il secondo Fantasma induce Scrooge a vedere come le persone trascorrano il Natale in serenità senza aver bisogno del denaro; il terzo Fantasma incombe su Scrooge in maniera impetuosa, senza parlare, facendo nascere in lui la paura del futuro e, di conseguenza, quella di morire.
A questo punto inizia per Ebenezer una vita fatta di ravvedimento e di cambiamento radicale.
Leggendo questa splendida opera ci si emoziona per le vicende toccanti, si resta coinvolti dalla trama e stupefatti per il finale.
Ma perché è considerato un classico senza tempo? Cosa ricava il lettore moderno/contemporaneo dalla lettura di “Canto di Natale” e dalla storia di un anziano avaro che, in una situazione inverosimile, riscopre se stesso?
Innanzitutto ogni essere umano ha a che fare con i propri “fantasmi”.
Il Fantasma del Passato può pesare su di noi più di ogni altra cosa. Spesso sarebbe utile tornare indietro nel tempo per assaporare qualche momento, per correggere qualcosa o, semplicemente, per vedere i noi stessi del passato, ricchi di aspettative e speranze e confrontarci con il presente o imparare da quello che abbiamo vissuto.
Per Scrooge l’esperienza con il Fantasma del Passato è stata utile a ricordargli com’era un tempo, quali sono le sue radici.
Il Fantasma del Presente rappresenta un po’ l’autocritica. Giudicare ciò che siamo in terza persona, vederci per quello che siamo diventati e chiederci se ci piace la nostra vita.
Grazie al Fantasma del Presente, Scrooge è in grado di vedere la famiglia di Bob Cratchit, scoprire del piccolo Tim che è gravemente malato e, cosa inaspettata, sente che la famiglia Cratchit lo ringrazia perché senza la sua (misera) paga non potrebbero mangiare neanche quel poco cibo che hanno in tavola.
È proprio a partire da questo avvenimento che Scrooge si mette in discussione.
Implora lo spirito di dirgli se il piccolo Tim vivrà, e questi risponde dicendo, con voce severa e triste:
“Io vedo un posto vuoto nel povero focolare, e, accanto al camino, una gruccetta senza proprietario e gelosamente custodita”
ribadendo esplicitamente che, se le cose non cambieranno in futuro, Tim morirà in breve tempo.
Con il Fantasma del Futuro si conclude l’avventura di Scrooge. Questo Fantasma rappresenta la morte, la paura del futuro, dell’incognito, di ciò che non si conosce ancora. Spesso ci chiediamo:
“chissà tra dieci anni cosa farò, chi sarò, se lavorerò, se avrò una famiglia”
“Canto di Natale” ci insegna che il futuro è nelle nostre mani, scegliamo il nostro destino in base alle nostre azioni e al nostro comportamento.
Questo Natale, in particolare, sarà diverso.
Per non rendere il tutto più complicato il singolo potrebbe e dovrebbe interrogarsi ogni giorno sui suoi Fantasmi e fare ciò che è in suo potere per migliorare la sua vita: imparando dal passato e agendo sul presente per rendere il futuro ancor più meraviglioso!