di Matilde Maione
Una passeggiata virtuale tra le Gallerie d’arte napoletane. Dallo Studio Trisorio alla Galleria Tiziana Di Caro, dalla Galleria Lia Rumma a quella di Artiaco, un viaggio nella Napoli contemporanea.
Quando si cammina per le vie di una città italiana, spesso si è distratti dalla folla, a volte dalla musica, spesso dall’odore del caffè o da prelibatezze appena sfornate.
Tutte queste bellissime distrazioni però non ci permettono a volte di guardare al di là per scrutare le piccolezze del dettaglio.
Quando ero una bambina, ricordo che stavo passeggiando con i miei genitori tra i vicoli adiacenti a Via Carbonara, a Napoli, quando ad un certo punto alzai gli occhi perché avevo visto un’enorme finestra di un palazzo da cui si intravedeva una parete tutta bianca con degli schizzi di vernice rossa.
Potete immaginare lo sgomento di quella bimba ancora ignara che quella fosse arte contemporanea.
Mi spaventai immaginando le peggiori situazioni da film dell’orrore che qualche momento dopo dimenticai attirata da qualcos’altro.
Ecco, quella finestra di palazzo da cui avevo intravisto un pezzetto d’arte contemporanea era il Museo Madre di Napoli, quello che da grande sarei andata a visitare spessissimo, sognando di varcarne la soglia anche da “addetta ai lavori”.
Questo per riflettere su come spesso capita di alzare lo sguardo verso molte finestre, come quella da me vista da bambina, in giro per la città ma dimenticandocene l’attimo dopo, attirati da qualcos’altro.
Sono apparentemente nascoste, eppure sono lì che vegliano sui vicoli della nostra Napoli.
Custodiscono le meraviglie del contemporaneo in contrasto con le antiche strutture che le ospitano.
Sono le GALLERIE, che a noi di Fenice piace tanto raccontare, vivere, amare.
A dicembre del 2020, da tanto silenziose, le gallerie si sono fatte sentire.
Dopo una lunga chiusura e piccole e sporadiche riaperture, si sono unite ed hanno creato CONTEMPORANEAMENTE, un’apertura collettiva di oltre 30 spazi per l’arte contemporanea campani, per tre giorni.
Non facendoci scappare l’occasione ci siamo muniti di zainetto, disinfettante e tanta attenzione per godere di quella serenità e pace che tanto era mancata.
La prima galleria che abbiamo visitato è stata forse la più conosciuta.
Seguiamo la loro storia da molto tempo, non stancandoci mai di ascoltare le vicende che hanno portato una coppia, nel 1974, ad aprire un punto di riferimento per l’arte contemporanea in Campania e poi nel mondo.
Nel varcare la porta dello Studio ci si trova subito al cospetto delle opere in mostra. Un piccolo spazio con un enorme fermento.
Lo si può percepire forte e chiaro (è relativamente fresca la notizia dell’apertura di un nuovo spazio espositivo).
CHRISTIANE LÖHR l’artista in mostra, con le sue delicatissime opere, sottolinea quanto le piccole cose possano essere resistenti e all’occorrenza, tanto forti da sbarrarci la strada.
“Dalle dimensioni minime delle sue micro architetture di steli e germogli, all’estensione ambientale dei cilindri di crine di cavallo, ai disegni a inchiostro e a olio, la ricerca di Löhr gira intorno allo spazio e all’energia che lo conforma”
Una galleria che non vedi mentre passeggi per strada, fermandoti perché incuriosito (è ubicata un po’ nascosta), è la Galleria Lia Rumma al primo piano di un palazzo in Via Vannella Gaetani.
Si entra nel palazzo, si salgono le scale e si bussa ad una porta come se si stesse andando a trovare un parente o un amico.
L’accoglienza è la stessa. Si entra nella galleria e ci si sente a casa.
Siamo rimasti affascinati dalle opere in esposizione e dalla cura fin nel più piccolo dettaglio.
In mostra LUCA MONTERASTELLI con “Weightless.
Senza rendercene conto, quel giorno siamo passati dalle leggerissime opere della Löhr alle pesanti opere di Monterastelli.
Materiali completamente diversi, che hanno un peso diverso nello spazio che ci circonda.
“La ricerca di Luca Monterastelli (Forlimpopoli, 1983) parte da alcuni dei principi base della scultura, come racconta lo stesso artista: «Il peso, la trasferibilità della nostra energia su un corpo oggettuale, la percezione delle tre dimensioni, il rapporto tra superficie e massa». E lo fa servendosi di diversi materiali – gesso, terra- cotta, cemento, ferro, ecc. – per il potenziale metaforico di trasformazione che ognuno di essi racchiude, ma anche per il valore simbolico e politico del loro uso nella storia. De-costruisce le forme per riscriverle in un corpo a corpo di tensione narrativa”
In un palazzo adiacente alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, vi sono ben due gallerie.
Quella di Andrea Ingenito e la Galleria Acappela.
Forse pochissimi sanno che entrando in quel palazzo vi sono opere di artisti che sono entrati nella storia e l’hanno cambiata irreversibilmente.
Durante l’iniziativa Contemporaneamente, di cui oltretutto il gallerista stesso si è fatto promotore, era all’attivo l’esposizione “dieciperdieci”.
Da Warhol ad Abbamondi, una collettiva dedicata a dieci tra gli artisti più rappresentativi della galleria, ma anche per l’arte contemporanea dagli anni Sessanta ad oggi.
“L’esposizione prevede opere dallo stile appunto eterogeneo; dai fiori acquerellati a mano di Andy Warhol si passa ad un arazzo policromo di Alighiero Boetti, a cui segue un’opera evocativa e femminile di Giosetta Fioroni: unica donna del gruppo, la quale ricerca nelle icone contemporanee l’aspetto più intimo e malinconico. Dall’infinito flusso di giochi acquatici realizzato da Mario Schifano ci si imbatte nei coriandoli di Tano Festa, in un violino scomposto di Arman sino ad arrivare ad una carta degli anni ’60 di Franco Angeli e ad un olio su tela di Renato Guttuso. Per concludere questo viaggio nell’arte, che parte dagli anni Sessanta e su cui la galleria da sempre lavora, ed arriva ai giorni nostri, “dieciperdieci” presenta con un’opera di Lello Masucci una fusione di colore e materia, una monocromia plastica ed omogenea con Giuseppe Amadio ed una più attuale e sentimentalista con Marco Abbamondi”
Fonte immagini: ai-ca.com
Immediatamente di fianco alla galleria Ingenito vi è Acappella.
Una piccolissima galleria composta da un solo ambiente in cui però vi è tutta l’attenzione appassionata del suo gallerista.
Ci siamo fermati a parlare con lui dell’esposizione in corso “Sudden Confusion” di PENNACCHIO ARGENTATO.
Le sculture di questo artista vogliono soffermarsi sulla questione della vulnerabilità psicologica, della manipolazione e del disorientamento dell’essere umano.
La scultura “I am feeling lucky” dell’adolescente con indosso solo uno zaino ed un cappello, si poggia su una base di bottiglie d’acqua, la risorsa primaria fondamentale per la sopravvivenza, che qui indica il suo stato precario e di grande emergenza.
Le sterline in fase di scioglimento, invece, rappresentano gli effetti del surveillance capitalism sull’economia: ampliamento della disuguaglianza tra ricchi e poveri ed il modo in cui la tecnologia influenza il potere politico attraverso la manipolazione e le fake news.
In un palazzo storico a piazzetta Nilo vi sono poi due gallerie napoletane molto famose soprattutto tra gli appassionati.
Una di queste, la Galleria Tiziana Di Caro, ci ha sempre accolto a braccia aperte e noi ormai ci siamo affezionati allo staff che ci lavora ed a lei, che forse non lo sa.
Quando si varca la porta di metallo della galleria ci si trova di fronte a delle scale che ancora una volta da l’impressione di entrare in casa di amici.
Si è accolti dalla gentilezza e dalla passione per questo mestiere che traspare dalle persone che si occupano degli spazi.
Durante la nostra visita era all’attivo l’esposizione dell’artista TOMASO BINGA (alias Bianca Pucciarelli Menna, 1931) che, in molti suoi progetti, collabora e si confronta con artiste sia note che meno conosciute.
“Transumanze Creative è un progetto in continuo movimento e aggiornamento che pone al centro dell’attenzione il desiderio di ritornare al dialogo, al dibattito, ad azioni plurali reinventare e rinvigorire mediante la forza aggregante dell’arte. Si tratta, nello specifico, di un processo di coinvolgimento attivo e interattivo, di un discorso a più voci che parte da una artista il cui volere è quello di creare unione e dunque di invertire la chiusura stagna dell’esposizione personale in apertura convivale, in spazio dell’accoglienza e dell’ospitalità, in sentiero della tolleranza, in rapporto di partecipazione e di coinvolgimento, in confronto alla pari, in piacere polifonico!”
-Tomaso Binga
Nello stesso palazzo in cui si trova la Galleria Tiziana Di Caro, vi è la Galleria Alfonso Artiaco.
L’approccio è leggermente diverso. C’è infatti una “reception” all’ingresso, ma l’umanità ed il calore nell’accoglienza che contraddistingue tutte le persone che lavorano in queste gallerie è la stessa trovata in precedenza.
Durante la nostra visita la mostra personale dell’artista ANN VERONICA JANSSENS riempiva le sale della galleria con le sue meravigliose opere trasparenti.
“L’obiettivo principale di Ann Veronica Janssens è indagare la percezione della realtà smaterializzandola attraverso vari mezzi, principalmente la luce. Dalla fine degli anni ’80, Janssens ha infatti sviluppato una pratica artistica basata su fenomeni ottici naturali di luce e colore. L’artista sperimenta sempre i tratti distintivi di materiali scelti con cura (vetro, specchi, alluminio, nebbia artificiale), forme e luce, facendoli interagire con la nostra percezione della realtà, per creare un vocabolario ricorrente di motivi minimalisti e bellissimi colori”
Queste ovviamente sono solo alcune delle gallerie disseminate per tutta la città.
Questa passeggiata ci ha consentito di capire ancora di più l’importanza di far conoscere la realtà delle gallerie napoletane a quanti ancora non la conoscono perché …
… le gallerie possono apparire come luoghi lontani dal quotidiano, spesso addirittura invisibili agli occhi di chi non è del settore.
Mentre l’arte contemporanea è riuscita (bene o male) a crearsi una corsia preferenziale per arrivare alle persone più scettiche, attraverso i grandi musei (Madre ecc..), le gallerie sono ancora oggi considerate dei meri negozi privati nei quali non è necessario entrare se non si deve acquistare.
Capire che non è affatto così e che, al pari dei grandi musei, esse custodiscono opere che plasmano il nostro tempo, è diventato imprescindibile.
Proprio in questi “piccoli” luoghi passano gli artisti che rivoluzioneranno l’arte che conosciamo o quantomeno ci faranno riflettere molto su tematiche a cui non siamo abituati a porre accento.
Aprire, poi, una galleria non è cosa semplice e quando si entra e si incontra il gallerista o chiunque ci lavori, traspare una sensibilità ed una passione che mette serenità, pace e tanta speranza nell’animo.
Per cui, superato il “timore” referenziale nei confronti di questi luoghi che parrebbero “fatti per un certo tipo di classe sociale”, si apre un mondo affascinante.
Perché frequentare le Gallerie d’arte?
Perché a differenza di saggi, testi divulgativi, libri e cartellini espositivi, ci sarà sempre qualcuno pronto ad illuminarvi sul significato di ciò che state osservando e lo farà con passione, voglia di farvi conoscere le meraviglie del contemporaneo e dell’arte tutta.