Donne nell’arte? Si grazie!

di Mariachiara Leone

Donne nell’arte. C’erano una volta: Gae Aulenti,Tamara De Lempicka, Maud Stevens Wagner,Shamsia Hassani, Peggy Guggenehim e Lina Bo Bardi.

Lettori grandi e piccini hanno l’occasione di conoscerle meglio grazie a “Storie della buonanotte per bambine ribelli”.

Professioniste nel mondo culturale, artiste, architette e non solo.

Gae Aulenti

“L’architettura è un mestiere da uomini ma ho sempre fatto finta di nulla”

C’era una volta una bambina che non sopportava le macerie. La Seconda guerra mondiale aveva distrutto la sua scuola e tutti i luoghi che amava. «Un giorno ricostruirò ogni cosa» giurò a se stessa. 

Nata ad Udine il 4 dicembre 1927 da una famiglia, da parte di madre napoletana, Gae Aulenti è ad oggi una delle più grandi architette italiane di fama internazionale. 

Gae Aulenti ha rivoluzionato, attraverso quella promessa a se stessa da bambina, il modo di concepire l’architettura come mestiere.

 All’epoca, l’architettura era un campo dominato dagli uomini, e lei e una sua compagna erano le uniche donne in una classe di cinquanta studenti. 

Perseverante, audace e molto sicura di ciò a cui voleva arrivare si getta a capofitto negli studi ottenendo enormi risultati attraverso i suoi progetti.

Quando le chiesero di trasformare la vecchia stazione Gare d’Orsay di Parigi in un museo, lasciò che la luce naturale fluisse nel grande ingresso principale attraverso un soffitto di vetro.

La realizzazione del Musée d’Orsay è solo uno dei tanti e spettacolari lavori di Aulenti. 

credit: fattourbano.com

Per la sala di esposizione Olivetti a Buenos Aires, in Argentina, usò macchine da scrivere e specchi per creare una scalinata che si moltiplicava apparentemente all’infinito.

credit: domusweb.it

Ci ha lasciato il 31 ottobre del 2012 ma il suo lavoro e la sua storia hanno ispirato e continuano ad ispirare non solo i suoi colleghi ma anche altre bambine e bambini che come lei volevano “ricostruire tutto”.

Tamara De Lempicka 

Pittrice polacca, Tamara De Lempicka nasce nel 1898. 

Conosciuta soprattutto per i suoi lavori all’interno della corrente artistica dell’Art Decò, Lempicka fa fatica ad emergere ma quando ci riuscirà sarà riconosciuta tra i più grandi della sua epoca.

La sua storia inizia quando:

Un giorno, in un’elegante dimora di San Pietroburgo, in Russia, arrivò un pittore. Doveva realizzare il ritratto di una dodicenne di nome Tamara. 

A Tamara però non piacque il suo lavoro. Pensava che lei avrebbe potuto fare molto meglio. 

Fu a Parigi che riuscì a realizzare il suo sogno di diventare pittrice e il mondo dello star sistem dell’epoca faceva la fila per potersi fa ritrarre da lei. Ma la Seconda Guerra Mondiale scoppiò e lei si dovette trasferire negli Stati Uniti.

Oltre oceano le cose non andarono bene, la sua arte era “passata di moda”, nessuno apprezzava il suo lavoro tanto che irritata e demoralizzata decise di non esporre più nulla di suo.

Oggi, i suoi dipinti valgono milioni di dollari. Tamara sarebbe orgogliosa di sapere che la cantante Madonna è una delle sue più grandi fan.

Un ottimo recupero per gli amanti della lettura e dell’arte è il volume che ne raccoglie l’eredità pittorica.

Maud Stevens Wagner

Maud era un’ottima trapezista e contorsionista, e il pubblico andava tutte le sere ad ammirare le sue evoluzioni nell’aria.

Ricordata per essere stata la prima tatuatrice negli Stati Uniti, Maud Stevens Wagner nacque in Kansas  nel 1877. 

Da artista circense:

Un giorno, incontrò un uomo di nome Gus Wagner che aveva il corpo completamente ricoperto di tatuaggi: scimmie, farfalle, leoni, cavalli, serpenti, alberi, donne, e chi più ne ha più ne metta! «Sono un’opera d’arte ambulante!» diceva sempre. 

Da quel giorno non smise mai più di fare e farsi tattoo tanto che all’epoca la gente pagava per andare a vedere i suoi tatuaggi.

A Maud piacquero così tanto i suoi tatuaggi che accettò di uscire con lui, a patto che ne facesse uno anche a lei.

Era insolito per il costume dell’epoca avere il corpo ricoperto di tatuaggi ed ancora oggi moltissimi associano questa arte a qualcosa di negativo, “sporco”, che appartiene “come pratica” alla subcultura.

All’epoca, i tatuaggi erano insoliti e la gente affollava il circo per guardare a bocca aperta le donne dai vestiti succinti, con la pelle nuda ricoperta di inchiostro.

Maud muore nel 1961 senza mai smettere di tatuare altri acrobati del circo con la consapevolezza di lasciare al mondo delle opere viventi di carne e sangue: i suoi tatuaggi.

Shamsia Hassani

C’era una volta una ragazza che dipingeva a una velocità incredibile. Era in grado di creare un murale e sparire nel giro di pochi minuti. Si chiamava Shamsia e viveva a Kabul, in Afghanistan. 

Così inizia la storia di una graffettista straordinaria. 

Ribelle e libera, Shamsia non ci stava a rimanere chiusa in casa come la tradizione impone ad una donna afghana.

Munita degli attrezzi del mestiere per strada dipingeva i suoi murales e scappava alla velocità della luce per non essere presa.

Shamsia usava la propria arte per promuovere i diritti delle donne nel suo Paese. «Fare graffiti è un modo amichevole di combattere» ha detto. «Sono pochi quelli che vanno nelle gallerie d’arte o nei musei. Ma se creo una mia opera per strada, la vedranno tutti.» 

In maniera semplicistica si etichetta il graffitismo (e successivamente l’arte di strada) come “imbrattare illegalmente luoghi pubblici” ma pochi conoscono fino in fondo quella che è a tutti gli effetti Arte con la “A” maiuscola: la Street Art.

Dove amava particolarmente dipingere?

In prossimità di scale, vicoli, passaggi nascosti e stradine che quotidianamente le persone percorrevano per poter far si che si soffermassero anche pochi secondi ad ammirare i suoi lavori di denuncia.

 Voleva che la gente le notasse, che le vedesse in modo nuovo. «Quando le persone vedono una certa cosa ogni giorno – mentre vanno al lavoro o a scuola – quella cosa diventa parte della loro vita» ha spiegato, «ed è allora che cominciano a cambiare idea in proposito.»

Grazie alla sua arte tantissime donne afghane (soprattutto le nuove generazioni) si sono sentite rappresentate dalle sue opere.

In uno dei graffiti di Shamsia, una ragazza suona una chitarra elettrica rossa. In un altro, su un muro crepato vicino a una scala, una donna con un burqa azzurro ha lo sguardo rivolto verso l’alto, verso il cielo.

Peggy Guggenhiem

Esempio di quanto sia fondamentale saper investire i propri beni ed avere un talento imprenditoriale nel collezionismo d’arte è Peggy Guggenheim.

Ricordata molto spesso per la sua vita sentimentale burrascosa, i suoi tre matrimoni e gossip di qualsivoglia sorta, Peggy fu una degli scopritori di un Pollock alle prime armi e molti altri artisti oggi famosissimi in tutto il mondo.

C’era una volta una ragazza che ereditò una fortuna. Si chiamava Peggy, e suo padre era morto tragicamente nell’affondamento del Titanic quando lei aveva appena quattordici anni. 

Ereditiera con la passione per i viaggi e soprattutto per l’arte e gli artisti decide di dedicare tutta se stessa alla realizzazione del suo più grande sogno.

Peggy amava viaggiare ma, ancora di più, amava l’arte e gli artisti. Per incontrarne il più possibile, lavorò come commessa in una libreria d’avanguardia a Manhattan e successivamente si trasferì a Parigi, dove fece amicizia con alcuni degli scrittori e dei pittori di maggior talento a livello mondiale.

Una collezione d’arte tra le più rinomate al mondo. Per fare questo ha bisogno di selezionare accuratamente gli artisti, acquistare con sapienza per investire il suo patrimonio in un grande progetto che sarà poi quello che possiamo ammirare oggi.

La Collezione Peggy Guggenheim – uno dei musei più importanti d’Italia – si trova in quella che era la sua abitazione veneziana, affacciata direttamente sul Canal Grande.

La vedrete passare, con un po’ di immaginazione, sulla sua gondola per i canali di Venezia munita di quei suoi enormi occhiali da sole. 

Fu una forza trainante nel mondo dell’arte dominato dagli uomini del XX secolo. 

Lina Bo Bardi 

C’era una volta una ragazza che adorava disegnare case, ma non voleva che i suoi disegni restassero solo sulla carta. Voleva dar loro vita. 

Comunicò il suo sogno al padre e nonostante le incertezze di quest’ultimo riuscì a partire dall’Italia per studiare all’estero e stabilirsi a San Paolo in Brasile.

Forse perché era una donna, e per di più straniera, la sua bravura come architetta fu spesso messa in ombra da uomini di origine brasiliana. 

Tra i suoi più importanti lavori c’è senz’altro la realizzazione del Museu de Arte de São Paulo.

Credit: doppizero.com

Non tutti la conoscono e molti la considerano molto meno interessante di sue più stimate colleghe (la Hadid per citarne una).

Oggi, tuttavia, molti ritengono Lina una dei migliori – e più sottovalutati – architetti del ventesimo secolo.