di Matilde Maione
Da quando, per la prima volta nella storia, una cinepresa si è fatta largo nel mondo dell’arte, la concezione stessa di arte ha iniziato a cambiare radicalmente.
Già con la performance era “scattato qualcosa”, ma è con l’introduzione della Video Art che si è innescando un processo irreversibile.
La concezione di arte si è radicalmente ed imprescindibilmente modificata e tra chi era scettico e chi invece affascinato, la video arte è diventata un fenomeno artistico di cui ancora oggi si esplorano potenzialità e criticità.
Nel 1967 arriva sul mercato la Portapak, la prima telecamera portatile. Pubblicità dell’epoca (Fonte: ilmanifesto.it)
Dalle video-installazioni alle installazioni interattive, dalla video scultura alla video-performance si è passati poi alla creazione di veri e propri video ambienti, nei quali i fruitori entrano come in una dimensione del tutto nuova ed estranea. C’è poi l’ormai sempre più famosa arte digitale, immagini in movimento che stanno sbalordendo i fruitori di tutto il mondo.
Proprio dall’esperienza della video arte, ad esempio, nascono i video musicali più belli della storia della musica. Veri e propri cortometraggi che accompagnano le nostre canzoni preferite (oggi gli mv sono sempre più elaborati ed interagiscono in maniera sempre più diretta con ambienti artistici ed opere d’arte).
“Il fatto di partire da un medium come quello televisivo per presentare al pubblico le proprie creazioni artistiche doveva tradursi in realtà non appena fu possibile raggiungere dal punto di vista tecnico una sufficiente preparazione in questo settore. Attualmente (1973) il numero di artisti che, da elementari film da 32 o da 16 mm, sono passati alla produzione di nastri televisivi è già notevolissimo; e aumenterà quando sarà resa più agevole la produzione di video-dischi. Quello che conta comunque è il concetto che sta alla base di questa produzione e cioè il fatto di poter visualizzare una propria “idea” – sia essa legata ad un evento, o del tutto astratta – e trasmetterla al prossimo.”
(“Ultime tendenze nell’arte d’oggi. Dall’informale al Neo-oggettuale” di Gillo Dorfles)
Sembrano quasi profetiche le parole di Gillo Dorfles, ed in effetti aveva incredibilmente ragione, se pensiamo che oggi ovunque ci si giri il video fa parte della nostra quotidianità ed è diventato tanto semplice quanto necessario trasmettere le proprie idee e concetti tramite la creazione di video.
Ma se facciamo un passo indietro e torniamo alla cinepresa degli anni ’60 riusciamo ad intuire come dal suo utilizzo siamo passati oggi ad entrare in un mondo totalmente dominato dai video.
Dalle prime esposizioni di Video arte, quale ad esempio “Exposition of Music – Electronic television” di Nam June Paik, in cui l’artista mescola musica elettronica e immagine elettronica che presenta attraverso un medium allora insolito: la televisione, si passa alla ripresa ed alla registrazione con la telecamera per farne poi un’opera video. Da qui il passo alla video-installazione è breve.
La Video Installazione è un’installazione artistica che attraverso l’utilizzo di schermi o altri supporti video crea un’esperienza immersiva e totale dello spettatore.
“La rappresentazione esplicita del tempo è un segno distintivo di ogni videoinstallazione. Il tempo vi appare in forme diverse e viene rappresentato sotto aspetti diversi, o come tempo costruito nell’immagine del monitor o come tempo necessario a percepire le immagini e ordinarle. Senza dimenticare questo incitamento costante a riunificare il tutto, sul piano della percezione, nel verso di una strutturazione-destrutturazione degli elementi costitutivi dell’insieme.”
(“L’immagine video” di Fagone Vittorio)
In sintesi bisogna tener presente che il pubblico, come anche il luogo della proiezione, sono elementi essenziali dell’installazione. Ciò comporta che il loro variare determini sempre il mutare dell’installazione, a seconda dei luoghi e dei fruitori. Mutano così anche gli esiti dell’opera e le sue possibilità di lettura.
Bruce Nauman, “Live-Taped Video Corridor”, 1967-1969 (Fonte: guggenheim.org)
A differenza della videoinstallazione, la Video-Scultura è l’oggetto televisore, assemblato con altri materiali, a costruire un’opera indipendente dotata di valenze plastiche.
“…non si modella più la struttura in funzione della luce ma si modula la luce in funzione della struttura. Ovvero, non è più la forma dell’opera a stabilire e mediare con la luce il suo aspetto finale ma è la luce sprigionata per conto proprio a configurare l’epifania dell’opera…”
(“Videomodernità. Eredità avanguardistiche e visioni ultracontemporanee tra video e arte” di Alessandro P. Lombardo)
-Tony Oursler, Untitled (MPD), 1998, Collection SFMOMA (Fonte: sfmoma.org)
-Nam June Paik, TV Buddha, 2002 (Fonte: blogarama.com)
Per quanto riguarda le video-performance, queste non solo giocano un ruolo fondamentale ed a stretto contatto con l’arte della performance, ma spesso sono proprio il prodotto finale di un’azione che si è svolta un’unica volta davanti ad un pubblico, ma che poi rimane sotto forma di video per i posteri. Basti pensare alle performance di Marina Abramovic che svoltesi un’unica volta sono ora visibili proprio grazie alle videoregistrazioni.
Marina Abramović, “Rhythm 0”, performance avvenuta nella galleria Studio Morra di Napoli nel 1974 e durata sei ore (Fonte: adam.curry.com)
Talvolta le performance invece nascono e vivono in relazione al video, cioè non possono essere separati. Senza il video non ci sarebbe la performance e viceversa.
La linea che divide le “categorie”, i “sottogeneri” (video-installazioni, video-performance ecc) della video arte è davvero sottile, soprattutto se si pensa che la tecnologia video si è evoluta così velocemente che siamo passati nell’arco di pochi anni a trovarci immersi letteralmente in questo fenomeno artistico in continuo mutamento.
Si perché tra video installazioni, installazioni interattive e video-ambienti ci si è passati da spettatori che assistevano alla scena a protagonisti dell’opera.
Le ambientazioni delle video installazioni si sono fatte così immersive da creare dei veri e propri musei che vivono solo di questo. Al loro interno il fruitore entra in allestimenti fatti interamente di video, luci e suoni portati così all’estremo da spingere il fruitore a credere di trovarsi nel mondo dell’opera dell’artista citato/esposto.
“Mori Building Digital Art Museum” di Tokyo, Giappone (Fonte: vadoingiappone.it)
Nella contemporaneità degli anni 2000, poi, una questione molto importante è che con l’evoluzione tecnologica, sempre più performante ed immersiva non solo sono statti creati dei musei appositi per la creazione di ambienti immersivi e sensoriali, ma le stesse opere d’arte stanno subendo un’evoluzione di fruibilità.
Le nuove tecnologie hanno permesso di riprodurre fedelmente in ogni minimo particolare le opere che potevamo osservare solo viaggiando. Oggi grazie a queste tecnologie sono le opere ad arrivare direttamente a casa nostra. Come? Sotto forma di pixel nel fascinoso mondo dell’online. Dunque quando invece è un museo a servirsi degli strumenti tecnologici più all’avanguardia per “presentare” una data opera alla collettività cosa accade?
Cosa vediamo quando entriamo in uno spazio espositivo che ci promette di guardare l’opera come se fosse realmente davanti a noi, ma che in realtà non c’è?
Si perché quella che osserviamo è la più perfetta delle riproduzioni tecnologiche video e noi osserviamo un video e non l’opera nella sua realtà corporea: il corpo dell’opera si smaterializza. Quindi, quanto siamo disposti ad accettare di “pagare” per poi non ritrovarci l’opera davanti ai nostri occhi?
“Van Gogh – La mostra immersiva” svoltasi a Salerno nel 2019 (Fonte: napolidavivere.it)
La questione delle nuove tecnologie, della loro evoluzione e della loro applicazione nel mondo dell’arte è ancora aperta ponendo le basi per discussioni, confronti e studio di tutte le criticità e le possibilità che tali strumenti apportano ed apporteranno all’arte nel suo farsi.
La Video Art ha fatto passi da giganti, da quella videocinepresa portatile degli anni ’60 fino alle riproduzioni fedeli delle opere di oggi è un terreno fertile e creativamente stimolante per fruitori, addetti ai lavori e soprattutto artisti che vi si cimentano.
Fonti:
Web: treccani.it, artuu.it
Testi:
-“Ultime tendenze nell’arte d’oggi. Dall’informale al Neo-oggettuale” di Gillo Dorfles
-“L’immagine video” di Fagone Vittorio
-“Videomodernità. Eredità avanguardistiche e visioni ultracontemporanee tra video e arte” di Alessandro P. Lombardoi
Immagine di copertina: “Martyrs” di Bill Viola, 2014 (Fonte: arte.sky.it)