di Maria Castaldo
Sweet Tooth: ultimissime da Netflix. La fine del mondo per come lo conosciamo.
Sweet Tooth è la nuova serie tv Netflix da non lasciarsi scappare.
Alcune storie cominciano dal principio, altre invece cominciano con una fine: quella del mondo come lo conosciamo.
Ed è proprio così che inizia la storia di Gus, un bambino ibrido metà cervo, interpretato dal talentuoso e dolcissimo Christian Convey, cresciuto dal suo Pubba (Will Forte) in una foresta, poco dopo la fuoriuscita di un virus mortale che ha decimato la popolazione mondiale e ha portato alla nascita di bambini ibridi.
Sweet Tooth è una favola post-apocalittica, l’epopea del viaggio di Gus, raccontata attraverso il suo sguardo innocente e gioioso, alla ricerca delle sue origini in un mondo che teme la diversità e sembra aver dimenticato cosa siano pietà e amore.
Molte sono le serie che in questi ultimi anni hanno provato (e fallito) nel raccontare un mondo distrutto o distopico, ma Sweet Tooth ci riesce benissimo: tutto è curato nei minimi dettagli, dalla soverchiante paura di un virus sconosciuto, al dilagare dell’isteria di massa, alle scene di panico negli ospedali, inadatti a contenere tutti i malati.
Nessuna serie, complice anche il periodo che stiamo vivendo, è stata così lucida nel raccontare la devastazione di una pandemia.
Che fa passare in secondo piano tutte le altre malattie conosciute, che genera timori e paure irrazionali e, quando anni dopo bisogna ricostruire sulle ceneri di ciò che è rimasto, porta al potere forze militari e diffidenza verso la diversità.
Come in tutte le favole anche in questa c’è un villain: il generale Abbot (Neil Sandilands), a capo degli Ultimi Uomini, una divisione di soldati addestrati a uccidere gli ibridi.
Il generale è un personaggio noto a tutti, ma che in pochissimi hanno visto, eppure, non appena compare sulla scena, persino nell’estetica del suo personaggio riusciamo a percepirne la crudeltà, il sadismo e il desiderio di potere di vita e di morte su coloro che sono sopravvissuti.
Con un lungo cappotto, occhiali dalle lenti rosse, lunga barba grigio ferro e pipa alla mano, Abbot sembra richiamarsi all’iconografia di Mangiafuoco di Pinocchio o alla versione di Rasputin creata da Mike Mignola in Hellboy.
E non dimentichiamo che anche Sweet Tooth nasce come trasposizione dell’omonimo fumetto creato da Jeff Lemire e portato sullo schermo dalla casa di produzione di Susan Downey e Robert Downey Jr. (sì, proprio l’interprete di Iron Man) con Jim Mickle a dirigere gli 8 episodi di cui è composta.
Nonostante un leggero calo nel ritmo negli episodi centrali, la serie mantiene desta l’attenzione dello spettatore e lo spinge a desiderare di proseguire il viaggio di Gus, ma anche di scoprire i destini degli altri personaggi le cui storie sono parte vitale di un mosaico più grande destinato a convergere negli ultimi episodi.
Un campionario di personaggi estremamente ben scritti, con una precisa caratterizzazione e un’evoluzione che, sebbene forse non sia del tutto innovativa, risulta coerente con la storia.
Ad accompagnare Gus c’è Tom Jepper, alias Uomo Grande, come soprannominato dal bambino, interpretato da Nonso Anozie, un ex Ultimo Uomo che ha abbandonato la civiltà e preferisce muoversi in solitudine.
Come nei migliori road movie, la strana coppia formata da Gus e Jepper aiuterà entrambi a crescere e a comprendere che in qualche modo, ciò che perdiamo, trova il modo di ritornare da noi in forme misteriose.
Nel corso della serie Gus e Jepper riceveranno l’aiuto di Bear (Stefania LaVie Owen), una ragazzina che in seguito alla perdita dei genitori si è rifugiata nei boschi e ha messo insieme un’armata, l’Animal Army, formata da bambini e adolescenti che hanno l’obiettivo di proteggere gli ibridi e contrastare gli Ultimi Uomini.
Il loro rifiuto per l’autorità e le figure adulte, unito all’abbigliamento che indossano, con maschere e nomi di animali, non può non farci pensare ai Bimbi Sperduti di Peter Pan.
A completare il quadro ci sono, infine, il dottor Aditya Singh (Adeel Akhtar) che era in prima linea durante l’Afflizione (così è stato chiamata la pandemia) e che ancora oggi lotta per garantire alla moglie Rani (Aliza Vellani) le cure necessarie a tenere sotto controllo il virus.
Dotato di grande etica e umanità, il dr. Singh dovrà però scendere a patti con sé stesso per trovare una cura definitiva al male del secolo.
Cosa si può essere disposti a sacrificare per tenere al sicuro coloro che amiamo? A questa domanda saprebbe rispondere bene Aimee (Dania Ramirez), ex consulente matrimoniale timida e insicura, incapace di connettersi con gli altri.
In seguito al virus, troverà rifugio nello Zoo della città e crescerà lì un’orfana ibrida, la piccola Wendy (Naledi Murray) e attraverso il loro legame, Aimee scoprirà di avere in sé un’inaspettata forza e coraggio.
Sweet Tooth è una favola dark, non a caso fin dall’inizio abbiamo topoi del genere, come l’ambientazione nei boschi, in cui Pubba porta Gus (quante favole iniziano con una casa nel bosco lontano da tutti o con tre fate che vi portano un neonato per proteggerlo dal male?), così come il percorso che Gus compie, un vero e proprio viaggio eroico in cui mettere alla prova sé stesso e comprendere che il mondo là fuori non è come Pubba gli ha sempre raccontato.
Gus, come molti protagonisti delle fiabe, attraversa – nel suo caso letteralmente- il recinto che lo proteggeva e inizia il suo percorso attraverso le insidie mondane. Infine, non dimentichiamo che ogni episodio è introdotto dalla voce di un narratore esterno (nella versione originale è James Brolin), che accompagna lo spettatore lungo la strada.
Ma Sweet Tooth è anche una serie che ha come protagonisti bambini ibridi, con corpi non conformi e la cui diversità è motivo di odio e persecuzione da parte della società.
Non è chiaro quale sia lo scopo della loro presenza lì, c’è chi come Bear e Aimee crede che siano la risposta della Natura alla malvagità degli uomini, la cui era su questa terra ha le ore contate.
Ora, afferma Aimee, il mondo è dei bambini, loro sono la parte migliore di noi.
Ma potrebbe anche essere puramente scientifica la presenza di questi ibridi nel nostro mondo, potrebbe essere il risultato di un esperimento fuori controllo.
Entrambe queste opinioni pongono delle importanti questioni etiche e morali e si interrogano anche sull’essere genitori e sul concetto di famiglia. Anche qui, come nelle migliori fiabe, la morale alla fine è ben chiara: famiglia è chi ci ama, ci protegge, sono coloro che scegliamo, non è un legame di sangue.
Grazie a una fotografia solare e luminosa, che rispecchia lo sguardo innocente di Gus, la serie ci offre dei meravigliosi paesaggi, conducendoci in luoghi in cui la Natura ha ripreso il sopravvento e ha piegato l’architettura umana alle sue regole.
Sweet Tooth è una serie che conquista e affascina, un prodotto passato troppo in sordina, ma che per tono, personaggi e ambientazioni dettagliati e ben costruiti merita sicuramente di essere vista.
Speriamo di avervi convinto a darle una possibilità, vi assicuriamo che non ve ne pentirete.