Napoli: 5 libri ambientati nella città partenopea da non perdere. Natale si avvicina e con esso il fatidico: cosa regalo all’amico lettore?
Libri ambientati a Napoli. Dai classici alla narrativa contemporanea sono infiniti i romanzi ambientati nella città partenopea (o di scrittrici e scrittori napoletani) tra cui scegliere.
Questa selezione di 5 titoli potrebbe inoltre giocare a favore di tutti coloro che ogni anno sotto le ricorrenze natalizie non sanno mai cosa regalare all’ “amico lettore”.
Il primo consiglio: Napoli mon amour di Alessio Forgione
Erano in molti ad affollare le banchine. In piedi, circondato da estranei, pensai che non avevo mai davvero preso in considerazione l’ipotesi di andare via. Che avevo provato a costruire delle cose, a farle crescere per crescerci sopra anch’io, come se mi spuntassero da sotto i piedi, ma che era anche tanto tempo, troppo, che tutto s’era bloccato
Napoli mon amour- Alessio Forgione
In generale si potrebbe tranquillamente consigliare tutta la produzione letteraria dello scrittore napoletano Alessio Forgione.
Da qualche mese in libreria è infatti uscito il suo ultimo lavoro, “Il nostro meglio” (lavoro successivo al romanzo “Giovanissimi”) con protagonista Amoresano, il personaggio letterario della penna di Forgione che il lettore ha già incontrato proprio in “Napoli mon amour”:
Quello che si avvicina infatti all’intento sopracitato è sicuramente “Napoli mon amour”.
Sicuramente questo romanzo, ma in generale l’autore, riesce in maniera egregia a non impelagarsi nei soliti cliché di sorta quando si è chiamati a raccontare Napoli.
In particolare nel romanzo si seguono le vicende di Amoresano, un trentenne che vive a Napoli e non ha ancora trovato il “suo posto nel mondo”.
“Le sue giornate passano lente, tra la vita con i genitori, le partite del Napoli, le serate con l’amico Russo e la ricerca di un lavoro. Dopo l’ennesimo, grottesco colloquio, decide di dare fondo ai suoi risparmi e di farla finita. Un giorno, però, incontra una bellissima ragazza e se ne innamora. Questo incontro riaccende i suoi desideri e le sue speranze: vivere, essere felice, scrivere. E incontrare Raffaele La Capria, il suo mito letterario ma…“
Questo romanzo rappresenta l’esordio fulmineo di Alessio Forgione.
Lo scrittore rimanda poi ad altri prodotti culturali, che sicuramente lo hanno influenzato. La scelta del titolo è ad esempio un chiaro riferimento al gioiello cinematografico che è “Hiroshima mon amour”.
Il secondo consiglio: Almarina di Valeria Parrella
Altra scrittrice che con i suoi scritti non manca di far discutere tra loro lettori e critica è Valeria Parrella.
In questo caso il suo romanzo “Almarina” è quanto di più congeniale se ci si vuole addentrare in una storia che non si perde in fronzoli stilistici ma che è dritta e cruda come la materia narrativa su cui lavora l’autrice: il carcere minorile di Nisida a Napoli.
Il lettore seguirà le vicende di Elisabetta, un’insegnante di matematica all’interno del carcere minorile di Nisida.
“Ogni mattina la sbarra si alza, la borsa finisce in un armadietto chiuso a chiave insieme a tutti i pensieri e inizia un tempo sospeso, un’isola nell’isola dove le colpe possono finalmente sciogliersi e sparire”
Ma è davvero così e chi è davvero Almarina, quell’allieva di Elisabetta che proprio non riesce a capirla la matematica, la vita?
“Almarina è un’allieva nuova, ce la mette tutta ma i conti non le tornano: in quell’aula, se alzi gli occhi vedi l’orizzonte ma dalla porta non ti lasciano uscire” dice al lettore la quarta di coperitina. Un personaggio tutto da scoprire.
E poi esiste lei, non queste due anime solitarie che ad un certo punto collimano, ma c’è l’isola, c’è Nisida.
“Esiste un’isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull’acqua, ed è lí che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti”
Elisabetta “ha cinquant’anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l’altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze”.
Il terzo consiglio: Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo
Sono ormai passati più di quarant’anni dalla prima pubblicazione di “Così parlo Bellavista” di Luciano De Crescenzo, scomparso nel 2019.
Un romanzo da custodire gelosamente in libreria e riprendere quando si è terribilmente stanchi della vita.
Ed un consiglio di lettura da cogliere al volo non solo per se stessi ma anche per rendere felice un altro lettore.
Del romanzo vi è anche un bellissimo film del ’84, diretto ed interpretato proprio da Luciano De Crescenzo nei panni del professor Bellavista.
La trama
Secondo don Gennaro Bellavista, professore partenopeo purosangue, troppe sono le banalità che si dicono e si scrivono su Napoli e sui suoi abitanti, sul suo mare e sul suo Vesuvio col pennacchio. La vita a Napoli è ben altra cosa. È un’arte sottile. «Solo a Napoli ognuno vive in un’inebriata dimenticanza di sé» scriveva Goethe, felicemente sorpreso. Ma non solo a Napoli, scrive Luciano De Crescenzo, il sorriso e il sentimento aiutano l’intelligenza nel mestiere di vivere, sempre seguendo l’infallibile ricetta del professor Bellavista, che «è pure abbastanza facile da ricordare: metà amore e metà libertà».
Il quarto e quinto consiglio: due classici “Il resto di niente ” e ” Il mare non bagna Napoli”
Quando si consigliano libri che parlano di Napoli non si possono non citare “Il resto di niente” di Enzo Striano ed il sottovalutato “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese.
Che cosa ci raccontano questi due “classici” di Napoli?
Enzo Striano nel suo “Il resto di niente” racconta la vita di Eleonora de Fonseca Pimentel. e allo stesso tempo racconta di una Napoli di fine Settecento.
Anna Maria Ortese invece, all’interno del suo “Il mare non bagna Napoli”, presenta al lettore una Napoli ferita ed uscita a pezzi dalla guerra.
Una sensazione di spaesamento che va di pari passo con la nevrosi dell’autrice.
“Tutto il libro è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo“
Un volersi “cavare gli occhi per non vedere“. Una sensazione violenta che la scrittrice rende perfettamente nel primo racconto che apre la raccolta.
Con la bambina Eugenia, la protagonista del “racconto apripista”, la scrittrice ha in comune proprio questa febbrile voglia di volgere lo sguardo altrove.
Perché forse, come Eugenia e Ortese, proprio non vorremmo metterli quegli occhiali che rendono a fuoco la cruda realtà fumosa ed ambigua che governa Napoli.