Martin Eden è considerato da molti il masterpiece di Jack London. Questo anche a causa della tragica fine dell’autore e delle moltissime somiglianze tra il personaggio del suo libro, lo scrittore “dal popolo” Martin Eden, e lo stesso Jack London. Nel 2019 il regista italiano Pietro Marcello portò alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia la sua trasposizioni. O sarebbe il caso di dire la sua libera trasposizione.
Andiamo per sommi capi. Martin Eden è la storia di un ragazzo del popolo che decide, nonostante il fatto che fosse un marinaio che aveva completato solo le scuole elementari, di diventare scrittore. Questo perché è spinto dall’amore per Ruth Morse, sorella di Arthur Morse, ragazzo dell’alta borghesia che Martin salva da un pestaggio.
Da questa premessa si sviluppa l’intera storia di ascesa di Martin come scrittore. Un’ascesa difficile, che corre parallela all’amore impossibile con Ruth. Martin chiede alla ragazza due anni di tempo per affermarsi come scrittore. Nel frattempo Martin entra in contatto con i circoli socialisti e con scrittori e pensatori avulsi dal mondo delle riviste. Il suo affermarsi come scrittore gli costerà letteralmente tutto.
Descritta per sommi capi la storia del romanzo, andiamo a guardare il film. A differenza del libro, ambientato a San Francisco, Pietro Marcello decide di ambientare il tutto in una Napoli sospesa nello spazio e nel tempo. E questa è la più grande trovata del film. L’ambientazione mescola sapientemente elementi dei tardi anni ’70 con elementi degli anni ’20. Sembra essere in un ‘900 anacronistico e perenne. Come se il mondo, dal punto di vista tecnologico fosse andato avanti. Oppure che dal punto di vista ideale fosse fermo a prima della guerra.
Il Martin napoletano, interpretato da Luca Marinelli, vive in questo ‘900 sospeso. Da un lato il popolo con la sua miserie e la sua umanità, dall’altro una borghesia che sembra quasi aristocrazia, da cui proviene Elene Orsini, la Ruth napoletana, l’oggetto del desiderio. Al netto della passività da dolce stilnovo della protagonista femminile, la sua presenza funge da motore della storia. Martin, il cui nome straniero è normale in una Napoli in cui convivono napoletani, francesi, siciliani, milanesi, ognuno con la sua caratteristica parlata e il suo caratteristico accento, intraprende la carriera di scrittore per amore di Elena.
Ma, come nel libro, è una carriera totalmente in salita. Le giornate di Martin sono contraddistinte da continui rifiuti e da continui fallimenti. Nel frattempo sia la sorella, unica persona che l’ha sempre amato veramente, sia Elena lo spingono ad ammorbidire la sua prosa. A non raccontare le contraddizioni che questa società sospesa nel ‘900 vive. Martin però ha troppo da raccontare. Anche le etichette come socialismo e liberalismo gli vanno strette. Lui si definisce “uno dei quattro-cinque individualisti in questa città”.
Poi la svolta. L’incontro col il tormentato Russ Brissenden gli apre un mondo nuovo. Un mondo fatto di liberi pensatori e di filosofi. Di gente che crede nella rivoluzione e rifiuta il mondo patinato delle riviste. Troppo falso. Eppure Martin lo agogna ancora. E finalmente arriva. Perdendo però Elena.
Finalmente, dopo anni di tentativi, Martin è arrivato al successo, anche grazie ad una poesia dello stesso Russ pubblicata postuma. Ma a che costo? E’ entrato nel mondo patinato delle riviste e ne scopre i lati oscuri. Tutti coloro che lo disprezzavano, partendo dal cognato, adesso pendono dalle sua labbra, dalla sua fama e soprattutto dai suoi soldi.
Martin, ormai disilluso, non crede più in nulla. Persino il suo matrimonio con una ragazza popolana conosciuta ad inizio film e rincontrata successivamente è triste, monotono. Prende a lavorare per lui un suo vecchio amico e finanzia la rivoluzione socialista, più per il ricordo di Russ che per reale volontà nel credere in qualcosa.
Nel frattempo i tamburi di una guerra lontana iniziano a risuonare e nuove idee, che somigliano molto al fascismo, prendono piede. In questo scorrere verso il disastro, verso la fine, verso il nichilismo, Elena torna dopo tanti anni. Ma lo fa per convenienza, perché, spinta dalla madre, adesso vuole sposare un Martin ormai ricco e famoso. Ma del Martin che amava Elena resta ormai nulla.
Il percorso dell’antieroe è compiuto. Il nuovo Martin ha tutto, ma non ha più nulla. Non gli resta che andare in spiaggia e guardare il mare. Già, il mare. Dove tutto è iniziato e dove tutto è ambientato. Dove tutto finisce. Con un vecchio che grida che è iniziata la guerra e con le camice nere pronte a combattere, Martin si riunisce al suo elemento. Muore lo scrittore, torna, anche se per poco, a nascere il pescatore.
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