Ci sono Warhol, Liechtenstein e Johns in un locale chiamato Pop Art e poi, in un angolo, sedute in disparte ci sono Idelle Weber, Evelyne Axell e Marjorie Virginia Strider.
Il primo tavolo è stracolmo di gente estasiata, che ammira le produzioni artistiche di questi tre uomini che verranno ricordati per sempre nella storia dell’arte mondiale.
Del resto, è stato lo stesso Warhol a dare l’idea del nome al proprietario del locale.
Siamo tra lo sciame di persone che si accalcano a quel tavolo per osservarli, farsi raccontare, strappargli un autografo, magari il “segreto” dietro la creazione dell’una o dell’altra opera, dimenticandoci, ancora una volta, di quel tavolo all’angolo.
Oggi però, siamo in un locale diverso, con una insegna diversa.
Siamo in FeniceInPigiama. Un locale dove il tavolo all’angolo non è riservato a queste donne, queste artiste, di cui si sa poco e niente.
Chi sono? – chiede qualcuno.
Da dove vengono? – si domandano i più curiosi.
Altri ancora bisbigliano tra loro: -Cosa fanno?
-Sono artiste?
-Tu le conosci?
-Scopriamolo!
Idelle Weber
Idelle Weber è colei che con la sua produzione artistica ha portato nuova linfa alla Pop Art permettendo a questa avanguardia di giungere, rinnovata, nel nostro presente.
Una delle poche donne ad essere stata coinvolta nel movimento degli anni 50 e 60, la Weber nasce a Tessie Pasternack il 12 marzo del 1932; ed è nello stesso mese in cui nasce e cioè il marzo, questa volta del 2020, che viene a mancare.
E’il 23 del mese. A darne la notizia sono i familiari e la galleria d’arte che ha in cura gli interessi e la produzione artistica della Weber, la Hollis Taggart.
La sua infanzia è segnata dalla morte della madre durante il parto e la successiva decisione da parte del padre di farla adottare.
Nonostante questa premessa, la Weber ebbe genitori adottivi attenti a non farle mancare affetto e sostegno per quanto riguarda lo sviluppo delle sue capacità e dunque il suo percorso di studi.
Si sposa con Julian Weber, un avvocato poi diventato presidente della rivista di umorismo National Lampoon.
Il lavoro del marito come avvocato e dunque poter “frequentare” gli ambienti aziendali situati in grattaceli prestigiosi di New York, hanno ispirato gran parte del lavoro più noto dell’artista.
“Sono rimasta stupita, sai, perché avevano luci fluorescenti e c’erano uomini in giacca e cravatta…tutti quegli edifici avevano scale mobili giganti. Vedere queste persone scendere dopo il lavoro o salire all’inizio della giornata, mi è davvero piaciuto”
La sua prima personale si è svolta nel gennaio del 1962 (appena due mesi dopo il debutto di Andy Warhol alla Stable Gallery).
Nel 1964 la Weber realizzò l’opera Munchkins I, I,III, un dipinto nel quale fa emergere la drammaticità dell’anonimato dato dalla vita aziendale (uomini in serie, vestiti con lo stesso completo e stessi colori, stesso taglio di capelli, stessi oggetti indossati: orologio, ventiquattrore etc.).
Questa sua ricerca riguardo la vita aziendale americana degli anni 60, porta alla realizzazione di altre opere molto importanti del suo ciclo di produzione artistica tra cui: Woman with Jump Rope (opera del 67/68 che è costituita da una enorme figura tridimensionale in plexiglas e plastica e l’utilizzo di un infuso al neon).
Quando la Pop Art lascia il posto ad altri movimenti artistici e ricerche volte ad un nuovo linguaggio la Weber si concentra maggiormente su quello che verrà poi definito Fotorealismo, ricreando pittoricamente, fotografie che aveva scattato in precedenza e che raffiguravano banchi di frutta e immondizia sulle strade di New York, cioè tutti quei prodotti commerciali che una volta il Pop celebrava e che ora vengono lasciati a marcire (una sorta di metafora della parabola discendente della Pop Art).
In questi stessi anni continua ad esporre in gallerie e musei prestigiosi.
Le sue opere vengono acquistate dall’ Art Institute di Chicago ma anche dal Metropolitan e dallo Smithsonian American Art Museum.
Insegna per più di un decennio alla New York University per poi spostarsi ad Harvard.
Negli anni 80 e gli anni 90 ha poi la possibilità di viaggiare all’estero e la sua produzione artistica di questi anni è caratterizzata da un cambiamento drastico di prospettiva ed un ritorno alla natura.
I soggetti di questa fase sono dunque giardini, grande distese d’erba e paesaggi naturalistici. Nel 2004 espone la sua opera Head Room.
Fonte immagini: Artnet
Quello che caratterizza tutto il percorso artistico della Weber è lo sguardo critico del reale.
Dal ciclo di scene di vita aziendale americana alla critica verso il consumismo forsennato, da un ritorno alla natura ed al contatto diretto dell’uomo con essa, la sua intera attività artistica è, forse, uno dei lasciti più dirompenti ed attuali nel panorama artistico mondiale.
“Gli storici dell’arte, i critici d’arte e i rivenditori a volte fanno sembrare che lo sviluppo di un artista sia come un singolo filo. Più spesso è come una corda con diversi fili intrecciati e che ruotano l’uno attorno all’altro. Questo è stato certamente il mio caso”
Evelyne Axell
Con Evelyne Axell il Pop diventa donna e lo diventa in una Europa dei “brillanti anni 60” (gli anni del boom economico).
Artista belga, Evelyne nasce a Namur nel 1935 e muore nel 1972 a Zwijnaerde.
“Una delle prime artiste europee ad abbracciare appieno la pop art dalla metà degli anni ’60, Evelyne Axell si è impegnata, durante la sua breve carriera come artista, con una rappresentazione proto-femminista dell’emancipazione della sessualità femminile.
Acclamata attrice teatrale e cinematografica, Axell si dedicò alla pittura nel 1964, prendendo lezioni con l’amico di famiglia René Magritte.
Suo marito, il regista Jean Antoine, aveva appena prodotto un documentario su artisti pop americani e, mentre ne riprendeva un altro, presentò Axell agli artisti pop britannici Patrick Caulfield, Pauline Boty, Peter Blake, Allen Jones e Joe Tilson.
Affascinato dal loro lavoro, Axell attinse immediatamente al vocabolario visivo del pop.
Nel 1967, scoprendo materiali plastici, sviluppa la sua tecnica di firma, adattando la sua pittura alle possibilità offerte dal nuovo materiale.
Tagliare sagome femminili in fogli di plastica traslucida e pittura a smalto, ha creato opere provocatorie intrise di desiderio ed erotismo.
Dai suoi primi lavori fino alla sua morte prematura, Axell ha raffigurato il corpo femminile e glorificato la sessualità e le fantasie femminili.
Affrontare i profondi cambiamenti che si verificano all’interno di un ordine sociale sempre più contestato, di genere, le prime opere di Axell concesse in licenza in entrambi i modi 1965 e San Valentino 1966 descrivono la liberazione del corpo femminile e la scoperta di un’intimità femminista, nel contesto della corsa spaziale degli anni ’60.
Concesso in licenza in entrambi i modi si basa sul motivo del voyeurismo erotico con maggiore complessità: lo spettatore è allo stesso tempo osservato e invitato a guardare attraverso i buchi dell’elmetto, una metafora della testa in cui si manifestano desideri erotici nascosti.
Il casco è presente anche a San Valentino, un omaggio diretto a Valentina Tereshkova, la prima donna a volare nello spazio, che può essere decompressa in questo lavoro, riferendosi alla conquista di nuovi territori, compresa la sessualità senza censure.
Anche per quanto riguarda la liberazione sociale e sessuale, The Pretty Month del maggio 1970 è considerato il lavoro più politico di Axell.
Incorniciata da un autoritratto e un ritratto della sua amica, la critica Pierre Restany, fondatrice del nouveau réalisme, la folla rivoluzionaria di donne in questo trittico si riferisce ai movimenti di protesta del maggio 1968”
(traduzione dell’articolo di Elsa Coustou per la Tate Gallery di Londra)
Attualizzando la produzione artistica della Axell, il lascito dell’artista è senza ombra di dubbio l’aver “imposto” un modello di donna emancipata sessualmente, non incline all’essere relegata al ruolo di madre, moglie e casalinga.
Un modello di donna ancora oggi difficile da accettare nella società attuale.
Una società che ha ancora bisogno di riflettere e confrontarsi sul ruolo della donna e su ciò che essa rappresenta.
Dunque la produzione artistica di Evelyn è ancora prepotentemente attuale e indispensabile al fine di alimentare la discussione femminista.
Marjorie Virginia Strider
Marjorie è la “ciliegina sulla torta” sulla riflessione dell’importanza di portare alla luce le produzioni artistiche delle donne non incluse nei manuali di storia dell’arte.
L’esempio della Strider è il più eclatante dopo quello della Weber.
Artista in buona parte dimenticata fino a quando la mostra: A Survey of Women Pop Artists al Brooklyn Museum non riporta il suo lavoro sotto gli occhi del pubblico.
Mostra nella quale sono presentate più di 40 opere d’arte risalenti agli anni ’60 fino ad oggi e nella quale tra le altre opere della Strider viene esposta la tela: il trittico verde (1963).
Virginia nasce nel 1931 a Guthrie (Oklahoma) e muore nel 2014.
Come la Weber, nei primi anni 60 si trasferisce a New York dove inizia a proporre le sue opere ed in particolare, come la Axell, impone un modello di donna (esteticamente ispirata alle pin-up) che mira a sovvertire le immagini sessiste proposte nella cultura popolare ed in particolare nella pubblicità.
Tutta la produzione artistica della Strider tende a ribaltare il modello proposto dalla società degli anni 60 e trasforma letteralmente i corpi femminili oggettivati in corpi minacciosi, forti e che affrontano in maniera sfacciata, diretta l’osservatore.
Dunque anche la Strider al contrario di quanto riportato nei testi ufficiali di storia dell’arte, negli anni 60 diventa un membro chiave dell’avanguardia Pop Art.
Si esibisce (oltre che pittrice è stata una grandissima performer) in eventi organizzati dalle personalità più influenti del settore artistico di quell’epoca.
Organizza nel 1969 (insieme ad Hannah Weiner e John Perreault) il primo Street Work (evento informale di arte pubblica) nel quale produce ed espone trenta cornici vuote (appese in maniera casuale) lungo Midtown Manhattan con l’intento di indurre i passanti a soffermarsi sull’ambiente circostante attraverso prospettive e punti di vista differenti.
Fonti immagini: Artsjournal e Dokumen
Sposata con Micheal Stanley Kirby (professore universitario di recitazione alla New York University) la Strider non arresta il suo percorso di ricerca artistica che la porterà dapprima a realizzare calchi di cioccolato sul seno di Patty Oldenburg e poi, influenzata dall’intima amicizia con quest’ultima, a creare installazioni di scultore morbide come la Building Work (1976) al PS1 (MoMa) oppure Blue Sky (1976) alla Clocktower Gallery.
Fonte immagine: MoMa
Nel vicino 2009 rielabora poi il suo lavoro sulla figura femminile, dipingendo nuove opere che ha poi esposto alla Bridge Gallery di New York.
Fonte immagine: Blog
Quello che ancora una volta emerge dalla storia della Strider è la capacità, da parte delle donne che fanno arte, di imporsi con fatica in un mondo ancora troppo maschile.
Un ambito, quello artistico, che ancora oggi lascia pochissimo spazio alle produzioni artistiche femminili.
Perché non vengono studiate? Perché non vengono neanche accennate insieme ai noti Warhol e company? Perché ancora oggi le facciamo sedere in fondo alla sala, relegate al tavolo all’angolo.
Aneddoti interessanti:
- La signora Weber ha ricordato che il signor Warhol aveva visto quasi tutte le sue mostre e aveva persino provato a darle consigli. Apprendendo che aveva creato scrupolosamente a mano i suoi sfondi a griglia, Warhol le suggerì di usare un rullo di vernice per semplificare il processo. La sua risposta: “Nuance, Andy, nuance”.
Fonti:
- Hollis Taggart
- La storia dell’Arte. L’arte contemporanea- Electa. La biblioteca di Repubblica
- Youtube (citazione presa dall’intervista integrale della Weber)
- BuyPopArt.it
- Sito ufficiale Tale Gallery di Londra