Tra il ’70 e l’80 a farla da padrona è l’arte italiana ed in particolare Achille Bonito Oliva con la “sua” Transavanguardia.
“La transavanguardia ha risposto in termini contestuali alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura, aprendosi verso una posizione di superamento del puro materialismo di tecniche e nuovi materiali e approdando al recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacità di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione“
(Achille Bonito Oliva)
Tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta il concetto di avanguardia cessa di esistere per far posto ad un nuovo modo di guardare la realtà. Dalla “modernità” si passa alla “postmodernità” cioè, ad un esaurirsi dell’utopia progressista e progettuale, dettata dalla stanchezza delle espressioni artistiche avanguardiste, molto spesso autoreferenti, per lasciare posto ad un recupero della pittura figurativa media che si riteneva ormai improponibile nel mercato d’arte.
È l’arte italiana a farla da “padrone” in questi anni ed in particolare un gruppo nato attorno al critico d’arte Achille Bonito Oliva che, proponendo un nuovo concetto ossia la Transavanguardia, decreta l’Italia pioniera e promotrice di un nuovo modo di fare arte tanto da influenzarne il mercato internazionale.
L’ITALIA DI FINE ANNI SETTANTA
L’Italia di quegli anni è un paese irrequieto, attivo e vigile. Una nazione che guarda ai problemi internazionali ma che riesce e vuole contraddistinguersi in molti campi, tra cui quello artistico.
Dopo vent’anni di “sudditanza” nei confronti dei movimenti artistici statunitensi è proprio l’Italia con la Transavanguardia e poi la Germania con i cosiddetti Neue Wilde (nuovi selvaggi) a caratterizzare e polarizzare l’arte di quegli anni in Europa.
La pittura torna alla ribalta e lo fa in maniera prepotente e forte grazie ai pennelli di un gruppo di artisti capeggiati dal critico d’arte Achille Bonito Oliva. Essi costituiscono un gruppo che batterà una strada nuova, pionieri di una nuova forma espressiva e di linguaggio.
Così gli artisti della Transavanguardia- Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, poi seguiti da una serie di altri artisti meno fortunati, nel breve volgere di due-tre anni, dal 1979 al 1982- hanno completamente sovvertito il panorama artistico mondiale, aiutati anche da un fortissimo sostegno mercantile.
E’ il 1982 quando al Guggenheim viene presentata la mostra Italian Art Now: An American Perspective (il mercato aveva seguito con molta attenzione ed interesse la nascita di una seconda e terza generazione di artisti legati a questa nuova “maniera” di interpretare la pittura).
Roma è il fulcro della nuova attività creativa, seguita da Napoli e Bologna, mentre Milano e Torino fanno fatica ad adattarsi a questo nuovo modo di fare arte.
C’è da dire che in Italia parallelamente al gruppo della Transavanguardia anche un gruppo di artisti, gli Anacronisti (tra cui Carlo Maria Martini e Antonio Trotta), avevano interpretato il ritorno allo stile pittorico, ma in concreto questi non ebbero altrettanto “successo” rispetto al gruppo della transavanguardia.
IL GRUPPO DELLA TRANSAVANGUARDIA
Enzo Cucchi
Nato a Morro d’Alba (provincia di Ancona), il 14 novembre 1949, Enzo Cucchi si appassiona alla pittura e inizia come autodidatta dopo aver trovato lavoro presso restauratori di quadri e libri. Appassionato anche di poesia per un certo periodo abbandona la pittura e si dedica a questa sua seconda passione, per poi dedicarsi seriamente a “fare arte” quando, alla metà degli anni Settanta si reca frequentemente a Roma dove incontra gli artisti Sandro Chia e Francesco Clemente coi quali inizia a collaborare.
Inizia ad esporre dapprima in molte gallerie italiane ed in particolare presso Emilio Mazzoli a Modena e poi a New York.
Espone insieme a Sandro Chia, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, in mostre organizzate dai principali musei internazionali come il Guggenheim, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, la Tate Gallery di Londra ma anche in Germania, Parigi e Berlino. Partecipa a molte rassegne importanti come la XXXIX Biennale di Venezia.
Rimarrà sempre legato all’ambiente letterario italiano ed internazionale tanto da stringere rapporti di amicizia con poeti e scrittori quali Paolo Volponi, Goffredo Parise, Giovanni Testori, Ruggero Guarini, Alberto Boatto, Paul Evangelisti. Legame con la parola che lo spingerà ad illustrare alcuni libri e raccolte di poesie.
Artista multitasking, lavora anche nell’ambito del teatro disegnando le scene di opere quali: La Bottega Fantastica di Rossini e La Tosca di Puccini.
Sipario e bozzetto del sipario realizzato per il teatro La Fenice di Senigallia
La sua pittura, la sua scultura ed il modo di disegnare sono strumenti necessari per esternare la sua interiorità, le sue passioni, le sue inquietudini e tormenti profondi. Il luogo ideale di cui ama dipingere è la città eterna: Roma.
“La pittura è per Enzo Cucchi mezzo di aggregazione di più forme, di più concetti, di più materiali, si avvale dell’espressione invasiva del gesto, attraverso il quale la tela assurge a ricettacolo di immagini e pensieri, veicoli di un discorso frastagliato in mille sospensioni. La presenza di simboli disparati, di matrice classica o onirica, strappati all’attualità o alla memoria, si sovrappongono e dialogano sul tessuto cromatico da cui sembrano, in concomitanza, emergere. La perdita delle coordinate spazio temporali e l’incursione continua nel territorio culturale e in quello delle emozioni, coincidono con un indisciplinato uso dei colori, addensati, poi stirati, violenti, poi accennati, e con una sperimentazione ad ampio raggio delle tecniche artistiche, dalla pittura alla ceramica, al mosaico, al bronzo. L’interesse per l’interazione tra arti e discipline diverse ha portato, infatti, l’artista a muoversi in ambiti diversi (dalle arti visive all’architettura, al design, alla moda), e a cogliere l’importanza e la fertilità di alcuni incontri. E’ da tali intuizioni che nascono le collaborazioni con Alessandro Mendini ed Ettore Sottsass per l’ideazione di progetti editoriali (I Disuguali, progetto di Cucchi e Sottsass dell’edizione periodica di tavolette in ceramica), la realizzazione di opere a quattro mani e la condivisione di esperienze espositive”
Francesco Clemente
Il napoletano Francesco Clemente si stabilisce a Roma nei primi anni Settanta e, successivamente compie un viaggio di formazione in India, che segnerà profondamente la sua produzione artistica.
Il corpo e la sua esperienza sono temi centrali della sua pittura e fondamentale è la forma pittorica dell’autoritratto.
“Continuo a fare autoritratti non perché voglio confermare la mia identità ma perché la voglio mettere in discussione; non perché voglio celebrare la continuità di Francesco ma perché voglio abbracciare la fragilità di Francesco”
(cit. Clemente)
Negli anni ottanta espone alla Biennale di Venezia ed inizia il suo successo a livelli internazionali.
E’ lo stesso Clemente a darci una chiave di lettura della sua produzione artistica e cioè opere che vanno a definire una grandissima narrazione interiore di esperienze, di situazioni di vita vissute intensamente e messe su tela, nel quale possiamo individuare tematiche care, esperimenti stilistici e la ricerca dell’identità.
Nicola De Maria
Pittore beneventano, Nicola De Maria è, tra i cinque che compongono il gruppo della Transavanguardia. L’artista che più di tutti si concentra sull’astrattismo e le sue opere dimostrano il suo estremo interesse verso un tipo di produzione artistica (prevalentemente predilige far coesistere all’interno di un’opera le tecniche a matita, acquerello ed olio) che vuole fungere da anello di congiunzione tra le tradizioni della cultura classica e le nuove tecniche pittoriche proprie della contemporaneità.
Espone insieme al gruppo ma anche in mostre personali in tutta Italia e nel mondo. Particolarmente importante per De Maria è lo studio del rapporto intimo tra uomo e natura (tema attualissimo) come dimostra la sua personale al GAM di Torino, città dove attualmente vive e lavora.
Sandro Chia
E’ attraverso questa intervista che Sandro Chia riassume tutto l’intento degli artisti del ‘79 e soprattutto la ricerca di una nuova forma di libertà, uscire cioè da certi condizionamenti imposti dalla società e dunque travalicare, attraversare l’opera d’arte trascendendola.
Artista toscano (il cui nome completo è Alessandro Coticchia) è forse quello che riesce ad oggi a farci comprendere bene il contesto socio-politico nel quale il gruppo degli artisti della Transavanguardia si trovava a muoversi.
Le sue opere si trovano sparse per il mondo in collezioni internazionali di grandissimi musei in Giappone, Londra, Germania, Israele ma anche Italia, Amsterdam, Tel Aviv.
Egli concepisce la produzione artistica ed il quadro in quanto oggetto come una vera e propria persona che una volta creata è un vero e proprio mondo indiscutibile. Esiste e per questo non può essere discusso perché l’artista dota l’oggetto quadro di un’anima e la fisicità del dipinto è la struttura materiale dello stesso che diventa corpo che la contiene.
“…perché l’oggetto quadro è un mondo e non lo puoi più discutere; è come una persona, un’entità che ha una sua vita, una sua realtà e discuterlo vuol dire insultarlo”
(cit. Chia)
Inoltre con la sua produzione artistica Sandro Chia “corregge” la definizione della Transavanguardia come un periodo di ritorno alla pittura. Egli ritiene infatti che la pittura non ha mai cessato di esistere quindi non si può ritornare a qualcosa che in realtà è sempre stata e sempre sarà parte integrante del bagaglio di un’artista e dell’arte. Piuttosto è una riaffermazione della pittura come mezzo perfetto per l’obiettivo della Transavanguardia proprio perché essa ha la capacità di “sfondare la prospettiva”.
Mimmo Paladino
Domenico Paladino, noto come Mimmo, nasce a Paduli, nei pressi di Benevento, il 18 dicembre 1948. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico di Benevento e la Galleria di Lucio Amelio a Napoli, nel 1964 visita per la prima volta la Biennale di Venezia rimanendo affascinato dagli artisti pop americani (non sapendo che nel 1980 vi parteciperà e nell’ 88 sarà invitato con una sala personale).
Nel 1968 espone per la prima volta presso la Galleria Carolina di Portici (Napoli) dove conosce un giovane Achille Bonito Oliva, che lo affiancherà nel corso di tutta la sua carriera includendolo nel novero degli artisti della Transavanguardia.
L’artista esordisce con collages ispirati a temi mitologici poi con un ciclo di tele polimateriche, dove la figurazione astratta si abbina a oggetti trovati.
Ha realizzato opere d’intonazione arcaica, accentuate dall’uso di simboli greco-romani, etruschi e paleo-cristiani e di tecniche antiche come l’encausto e il mosaico.
La sua produzione artistica spopola in ogni parte del mondo, da New York a Monaco di Baviera, passando per Praga e Londra ma soprattutto è il primo artista contemporaneo italiano a tenere una mostra in Cina, alla Galleria Nazionale delle Belle Arti di Pechino (1994).
Fonti
ladigacivile.eu, artribune.com, archimagazine.com
Immagini: Google immagini, Artribune, Artecracy, Artemagazine, Rivistasegno, Mazzoleniart, DiadeProduzioni, Regione Marche, EBay, Libreria Marini, Exibart, archive.org
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