di Nunzia La Montagna
Carlo Goldoni: La locandiera. Nel 1891 andava in scena la replica della “fortunata” commedia di Goldoni. A vestire i panni di Mirandolina c’era lei: Eleonora Duse.
Carlo Goldoni scrive La Locandiera nel 1753 in occasione del Carnevale.
Come risulta evidente già dal titolo, la commedia ruota tutta attorno a un personaggio, Mirandolina, una donna che esercita un mestiere: gestisce una locanda a Firenze.
Appartiene alla classe borghese e si trova a contatto con diversi “tipi” umani: un marchese, un conte, un cavaliere, attori.
Nel monologo di Mirandolina, contenuto nel primo atto, si dimostra subito l’inclinazione della locandiera al calcolo, alla concretezza e all’interesse, che la porta per contro a svalutare la magniloquenza nobiliare: “del fumo non so che fare”, dice Mirandolina.
Questo è un tratto riconducibile al pragmatismo della borghesia settecentesca, che guarda soprattutto alla dimensione del fare e tende a valutare in termini realistici anche gli affetti: cosicché, per Mirandolina, il cavaliere ha semplicemente bisogno di trovare una donna “che sappia fare”, cioè che sappia agire nei suoi confronti in modo appropriato, usando con intelligenza l’arte della seduzione.
Le azioni e i giudizi della donna, dunque, sono sempre riconducibili a valutazioni pratiche, a una duttile flessibilità che nulla ha a che vedere con motivazioni ideali o con “romanticherie” passionali.
Goldoni definisce questa commedia come “la più morale, la più utile, la più istruttiva” tra le molte che ha scritto, in quanto in essa si offrirebbe una lezione sulla spregiudicata “crudeltà” con cui certe donne riducono “ne’ loro lacci gli amanti”.
Commentatori più recenti hanno invece intravisto nelle strategie di Mirandolina e nelle sue orgogliose rivendicazioni una lezione di femminismo (“noi siamo le migliori cose che abbia prodotto la bella Madre Natura”).
Quel che è certo è che in lei agisce un impellente bisogno di affermarsi come donna e come accorta custode del suo patrimonio: la sua sembra quasi una ricerca più o meno consapevole di riscatto da un ruolo di subalternità in cui, come donna, potrebbe essere costretta a restare.
C’è da chiedersi quanto Goldoni fosse consapevole di questa possibile lettura del suo personaggio…