di Giancarlo Di Stadio
Da Star Wars a Marvel, quando il successo è cross-mediale. Ma non sempre è un punto di forza per il franchise.
All’alba del 2000 una pellicola cambiò per sempre il mondo dell’intrattenimento.
Non solo dal punto di vista del film in sé, un ottimo bel film, nulla da dire, ma dal punto di vista del concetto di cross-medialità. Stiamo parlando di Matrix.
Dopo un grandissimo primo film, capace addirittura di indirizzare la cultura pop del primo scorcio di millennio, Matrix è stato seguito dall’uscita di altri due episodi, non ugualmente apprezzati da pubblico e critica, ma soprattutto di una quantità di opere derivate.
La pellicola dei fratelli Wachowski, poi diventate sorelle Wachowski (tornate alla ribalta con la serie targata netflix Sense8), ha visto il nascere e il crescere, attorno allo scheletro dei tre film, di un mondo cross-mediale, che andava dai corti animati fino ai videogiochi.
Non prodotti slegati, mere trasposizioni su di un altro media di una storia vagamente simile, ma prodotti coerenti con la trama principale, che espandevano l’universo raccontato dalla pellicola, fornendo ai fan dettagli e nuove trame.
C’era insomma una storia “base”, narrata nei film, e tante storie che andavano ad espandere quell’universo: l’Universo Espanso (EU, Expanded Universe), appunto.
La lezione di Matrix naturalmente fu presa a piene mani anche da altri franchise.
Uno dei primi a capire le potenzialità dell’EU, o forse a trovarselo inaspettatamente tra le mani, fu George Lucas.
Fin dalla proiezione di Ep.IV, Star Wars vide un fiorire di fan-fiction che, da semplici racconti di fan con un po’ di tempo libero, diventarono un vero e proprio pozzo senza fondo di storie, intrecci, nuovi spunti.
Per anni infatti, fino all’acquisizione della LucasFilm da parte del gigante Disney, l’EU di Star Wars è stato uno dei più vivi, ma al contempo uno che sfruttava meno le possibilità che un franchise del genere era in grado di fornire.
Per questo, nonostante la produzione cross-mediale di Star Wars fosse di assoluto livello, abbiamo dovuto aspettare la Disney per avere, in modo abbastanza “paraculo”, un universo coerente con delle regole e una lore ben definita.
La casa di Topolino ha prima cancellato, derubricando sotto l’etichetta Legends, tutto il lavoro dietro l’EU.
Lavoro che tra l’altro comprendeva alcuni prodotti di assoluto livello, tra cui romanzi scritti da penne decisamente superiori allo story-group della Disney.
Salvo poi prendere a larghe mani tale lavoro ed inserirlo in modo pasticciato e grossolano all’interno del nuovo corso di Star Wars.
Idee come i cloni di Palpatine sono state prese dall’EU e appiccicate in fretta e furia all’interno di una nuova trilogia che aveva il palese fine non di raccontare una storia di Star Wars, ma di aggredire target di mercato fino a quel momento inesplorati.
Di fronte ai buchi di trama e al naso storto da parte dei fan, la Disney è corsa quindi ai ripari, delegando proprio all’UE il compito di tappare i molteplici buchi di trama e spiegare le controverse scelte narrative della trilogia sequel.
Fortuna che, almeno per questo ambito, abbiano deciso di depotenziare Kathleen Kennedy, colei che, per capire il soggetto, era fiera di essersi circondata di collaboratrici che non avevano mai visto Star Wars in vita loro, affidandosi al contempo al duo Favreau-Filoni.
Il primo, già pienamente coinvolto fin dagli albori del Marvel Cinematic Universe, il secondo autore di The Clone Wars, la serie animata di Star Wars ambientata tra Ep.II e Ep.III.
Grazie a questo duo, Star Wars ha iniziato una veloce risalita dopo le, passatemi il termine, “avventure galattiche della principessina brava-perché-si Rey Palp… ehm Skywalker”.
Prodotti come Mandalorian, le ultime stagioni di The Clone Wars o il videogioco Jedi The Fallen Order hanno rapidamente riappacificato il fandom storico di SW con il franchise.
Ed ora la Disney sembrerebbe intenzionata anche a calare, per la “galassia lontana lontana”, il pezzo da novanta: Kevin Faige, l’uomo che è dietro al successo del Marvel Cinematic Universe.
Si, perché se vogliamo portare il massimo esempio di un universo cross-mediale di successo e ben fatto, non possiamo esimerci dal citare il mondo (cinematografico e non solo) in cui si muovono gli Avengers.
Un lavoro certosino che parte da Iron Man e finisce con Endgame. Per poi continuare a rinnovarsi sapientemente con una nuova generazione di supereroi.
Un lavoro che, viste anche le difficoltà della storica concorrente DC Comics nel fare lo stesso, dimostra come dietro la creazione del EU di Marvel ci sia un lavoro certosino, ma soprattutto una visione chiara fin dall’inizio.
La Marvel sta facendo scuola in tal senso.
Ed è normale che ormai sia considerata il punto di riferimento per chiunque voglia approcciare un discorso cross-mediale.
E ultimamente sono molti a volerlo fare, con i più disparati risultati.
Certo, un discorso è la cross-medialità soft, come ad esempio si può riscontrare in The Witcher (libro, videogioco, serie TV) o Resident Evil (videogioco, film), la quale è sostanzialmente slegata e non presuppone la creazione di un UE, e che quindi si riduce, fondamentalmente, ad una serie di trasposizioni su media diversi; un altro è la creazione, come Marvel o SW, di un vero e proprio UE.
Un qualcosa che è in grado di riunire diverse opere in un’unica grande storia.
Con il pregio di avvicinare anche coloro che non sono avvezzi ad un determinato modo di usufruire quel prodotto a quel modo attraverso il prodotto.
C’è però l’altro lato della medaglia, visibile appunto con Star Wars. Ossia quando l’UE diventa una sorta di “paracadute”, un modo per giustificare buchi di trama ed errori nella lore altrimenti ingiustificabili.
Tale pratica, sebbene commercialmente utile, potrebbe paradossalmente essere deleteria per l’immagine del franchise.
Non tanto per i prodotti dell’UE che arricchiscono e che spiegano, ma per quei prodotti principali che necessitano dell’EU per essere spiegati.
L’incapacità, e la trilogia sequel di SW è un esempio lampante, di rendere coerenti con SW scelte che avevano poco a che fare con SW, ha fatto si che tali prodotti principali non fossero ritenuti di livello dai fan.
Bei film, almeno da chi non è nato o cresciuto con SW, ma non capolavori come Ep.V o anche il rivalutato Ep.III.
Lo spiegare i film ex-post attraverso l’EU ha si da un lato aumentato il valore e la qualità dell’UE, ma dall’altro ha mostrato ancora di più i punti deboli delle opere principali.
Questo perché, a differenza della Marvel, la Disney con SW ha forse peccato proprio di mancata visione chiara fin dall’inizio.
Il vero e unico presupposto per creare un EU davvero coerente e di qualità.