“Non fui condizionata dalle opinioni di Togliatti. Neppure gli altri. Eravamo d’accordo, ero contro queste posizioni. Antonello Trombadori ci attaccava in continuazione. Ma non eravamo preoccupati. Noi eravamo arrabbiati perché volevamo rinnovare, volevamo fare una cosa. L’astrazione per noi era l’arte del secolo, che già era iniziata, e quella dovevamo seguire”
(Carla Accardi)
Il periodo storico nel quale si trovano a lavorare gli artisti italiani volti allo sviluppo di una ricerca di tendenza astrattista è a dir poco rovente.
Gli anni 1947 e 1948 in Italia sono contraddistinti dall’acceso dibattito intorno alla cultura italiana, in particolare sul tema del rapporto tra arte e politica.
L’ITALIA DEL 1947
L’Italia del dopoguerra è contraddistinta da un fortissimo fervore politico e dalla voglia di uscire dal buco nero del fascismo e di tutto quello che aveva condotto alla seconda guerra mondiale. Soprattutto per quanto riguarda il fascismo. Sono anni in cui la politica italiana “vede” sulle scene De Gasperi e Palmiro Togliatti (segretario del partito comunista italiano) mentre sul lato internazionale si prospetta un nuovo tipo di guerra, molto più subdola e dai risvolti agghiaccianti che nelle pagine di storia è tristemente nota come guerra fredda.
Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti
Tornando alla questione italiana ed al clima politico, Togliatti si oppone in maniera drastica alla nascita del gruppo artistico Forma 1, cosa che spinge lo scrittore Elio Vittorini a ribattere sulla sua rivista Il Politecnico in questo modo:
“E’ necessario che il rapporto tra politica e cultura non sia regolato né dalla politica né dalla cultura e sia lasciato libero di variare”
Ed ancora, rincarando la dose su quella che fu a tutti gli effetti una spaccatura tra artisti filo-sovietici e artisti filo-americani chiaramente nel clima della guerra fredda affermerà:
“…secondo il variare delle fasi che la storia attraversa nella sua marcia di avvicinamento alla società senza classi e al primo stadio, in esso, della libertà dell’uomo”
Dal contesto politico/sociale, e dunque le problematiche, in cui si trova ad “agire” il gruppo Forma 1, ne parla esaustivamente l’artista Carla Accardi in questa intervista.
Emerge chiaramente il vicolo cieco tra realisti (di cui facevano parte Guttuso, Pizzinato, Treccani per citarne solo alcuni), le cui opere avevano il fine ultimo di rievocare momenti della resistenza, scene del mondo operaio e contadino, situazioni quotidiane ed una nuova generazione di artisti, gli astrattisti, che volevano sottrarsi dalle contaminazioni ideologiche-politiche a favore di un’arte libera.
Un dibattito inasprito sicuramente dal delicato equilibrio di poteri ed il contesto internazionale, tutt’altro che tranquillo, di quegli anni.
IL GRUPPO FORMA 1
“Si credeva di cambiare il mondo con il marxismo, con la psicanalisi, ma anche con l’astrattismo”
(Carla Accardi)
Forma 1 è il titolo di un mensile di arti figurative pubblicato a Roma e per una sola volta il 15 marzo del 1947. Firmano il manifesto Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, in cui spiccano forti le divergenze tra due linguaggi dell’’arte italiana di quel tempo: l’Astrattismo ed il Realismo. Vediamo come nel primo si rispecchia la libertà da tutti i punti di vista e quindi non solo quella espressiva ma anche culturale e sociale, mentre nel secondo si può chiaramente vedere l’attaccamento alle radici culturali proprie del nostro paese tramite l’esempio lampante di Renato Guttuso.
La prima frase del manifesto recita così:
“Ci proclamiamo formalisti e marxisti, convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili […]”
Esponendo poi i seguenti concetti principali:
I) – In arte esiste soltanto la realtà tradizionale e inventiva della forma pura;
II) – Riconosciamo nel formalismo l’unico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti, psicologiche, espressionistiche;
III) – Il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione: il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un’armonia di forme pure;
IV) – La forma è mezzo e fine; il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura anche come arredamento di una stanza; il fine dell’opera d’arte è l’utilità, la bellezza armoniosa, la non pesantezza;
V) – Nel nostro lavoro adoperiamo le forme della realtà oggettiva come mezzi per giungere a forme astratte oggettive, ci interessa la forma del limone, e non il limone.
Manifesto Forma 1, 1947 (Fonte: archivioaccardisanfilippo.it)
Saranno sostenitori di un’arte strutturata ma non realistica che privilegi la forma ed il segno nel loro significato basico essenziale, ma c’è da precisare una cosa: gli artisti firmatari del manifesto sono identificati come Gruppo Forma o Forma 1 dal titolo del primo numero della testata ma non costituiranno mai un vero e proprio gruppo e non si firmeranno mai così, né per firmare i propri lavori né i loro testi.
Carla Accardi
“La figurazione è la cosa più importante del nostro passato. Ma noi pensavamo, e lo penso ancor oggi, che non si può avere un’arte che ha come contenuto sempre l’uomo, la figura dell’uomo. L’arte può e deve essere come la musica, che ha in sé stessa delle doti e ti trasmette della spiritualità. Ed è così che è nata la mia pittura, a cui sono arrivata con un cammino personale, segnato da incontri di amici come Consagra, Burri, Fontana. Dei grandi maestri, nei vari momenti, ho amato Kandinskij o Klee, Mondrian o Matisse”
Carla Accardi nasce a Trapani il 9 ottobre 1924. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove nel ‘44 conosce Antonio Sanfilippo. Conclusi gli studi nel 1947 frequentò l’Osteria Fratelli Menghi (chiamata anche Osteria di Pittori), noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni ’40 e ’70. Nello stesso anno realizza il suo primo dipinto astratto intitolato “Scomposizione” e in quel marzo anno dà vita al Gruppo Forma 1 con Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato.
“Scomposizione”, 1947, Carla Accardi (Fonte: Museo del Novecento)
Nel 1948 prende parte per la prima volta alla XXIV Biennale di Venezia, oltre che alla mostra “Arte astratta in Italia” alla Galleria di Roma. L’anno successivo sposa Antonio Sanfilippo. Nel 1950 ha le prime personali, alla Galleria Numero di Firenze e, in novembre, alla Libreria l’Age d’Or di Roma, presentata da Turcato.
Fino alla fine degli anni ’50 la ricerca dell’Accardi procede nella direzione dell’automatismo segnico fino all’inizio degli anni Sessanta quando “…l’artista abbandonò le tempere a favore di vernici colorate e fluorescenti da applicare su supporti plastici trasparenti, uscendo dalla dimensione del quadro e coinvolgendo lo spazio, con un atteggiamento che sarà importante per gli artisti dell’Arte povera. Negli anni Settanta tornò agli schemi geometrici reiterati su grandi tele chiamate Lenzuoli che saranno presentati alla Galleria Editalia di Roma nel 1974. Le esperienze degli anni Settanta continueranno ad essere approfondite in una serie di installazioni fino al recupero di una dimensione più tradizionale negli anni Ottanta. …”
Brochure mostra n.46, Carla Accardi, “Sette lenzuoli”, Galleria Editalia (Fonte: maremagnum.com)
Antonio Sanfilippo
Antonio Sanfilippo nasce a Partanna, in provincia di Trapani, l’8 dicembre del 1923. Frequenta il Liceo Artistico di Palermo, dove ha tra i suoi maestri Guido Ballo e tra gli amici più cari Pietro Consagra. Nel dicembre del ’42 si iscrive al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e nel ’44 all’Accademia di Belle Arti di Palermo dove conosce Carla Accardi (si sposeranno nel 1949). Nel 1947 aderisce al formalismo e firma il manifesto del Gruppo Forma 1.
“Espone alla XXIV Biennale di Venezia del 1948; parteciperà anche alle edizioni del 1954 e del 1964 e, con una sala personale, a quella del 1966; nel 1948 partecipa alla Rassegna nazionale di arti figurative (V Quadriennale Nazionale d’Arte) di Roma; esporrà anche alla VII Quadriennale di Roma del 1955. La sua fu sempre una ricerca basata sul segno.”
Muore a Roma in un incidente stradale il 31 gennaio del 1980 all’età di 56 anni.
Antonio Sanfilippo, Senza titolo (Fondo azzurro), (Fondo bianco), 1962 (Fonti: farsettiarte.it e ffmaam.it)
Piero Dorazio
Piero Dorazio nasce a Roma il 29 giugno 1927. Frequenta il Liceo Classico e dopo la Seconda Guerra Mondiale prosegue i suoi studi alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma “La Sapienza” senza però portarli a compimento. Nel 1945 insieme ad Achille Perilli, Mino Guerrini, Lucio Manisco, Carlo Aymonino, Carlo Busiri Vici, Alfio Barbagallo e Renzo Vespignani fonda il gruppo Ariete e poi il Gruppo Arte Sociale; nel 1947 il gruppo Forma 1. Nel ’48 espone a Roma e Parigi e nel 1951 dà vita alla Fondazione Origine insieme ad Ettore Colla ed Alberto Burri, ma ne uscirà nel 1954.
La sua carriera è contraddistinta da vari spostamenti e trasferimenti in altri paesi come Stati Uniti, Grecia, Germania, Medio Oriente, Africa e tantissime mostre in giro per il mondo. Tutto questo gioverà alla sua infinita formazione ed evoluzione che lo porteranno ad indagare “[…] per tutta la vita le infinite possibilità espressive di combinazioni e accordi tra forme elementari. […]”
Composizione – Fiorista, 1947, GAM – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, Torino (Fonte: archiviopierodorazio.it)
Tutta Praga, 1947, collezione privata (Fonte: archiviopierodorazio.it)
Achille Perilli
Achille Perilli nasce a Roma il 28 gennaio del 1927. Frequenta il liceo classico e nel 1945 si iscrive alla Facoltà di Letteratura e Storia dell’Arte dell’Università di Roma laureandosi con una tesi su Giorgio De Chirico. Nel 1946 conosce Renato Guttuso, ne frequenta lo studio ed entra in contatto con Accardi, Attardi, Consagra, Sanfilippo e Turcato, costituendo con loro, l’anno dopo, il gruppo “Forma1”, di cui dirigeva il manifesto. In forte polemica con il Neorealismo Perilli aderisce al “Mac” (Movimento Arte Concreta 1948), con Soldati, Bruno Munari, Monnet, Dorfles, collaborando poi nel 1952 alla fondazione delle riviste “Origine” e “Arti Visive”. Dopo aver esposto i suoi primi lavori con il Gruppo di “Arte Sociale”, soggiorna a Parigi dove conosce Arp, Magnelli e Picabia, studia le opere di Cézanne, Picasso, Braque, Matisse e Kupka e partecipa al Congresso Internazionale dei Critici d’Arte.
Achille Perilli si occupa anche di teatro e di letteratura di avanguardia ed apre la Libreria-galleria “L’Age d’Or” organizzando diversi eventi artistici. Nel 1951 allestisce la mostra Arte Astratta e Concreta in Italia, la prima rassegna completa dell’astrattismo italiano, nelle sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nello stesso anno con Ballocco, Burri, Capogrossi e Colla dà vita alla “Fondazione Origine” e, su invito di Lucio Fontana, realizza pitture murali per la sede della Triennale di Milano.
“[…] Lo stile pittorico di Achille Perilli, fonda le sue figure geometriche sull’ambiguità, sull’essere insieme aperte e chiuse, sul suo crescere fino a creare uno spazio non reale, ma dell’immagine, fatta di figure piane che allo sguardo risultano inverosimili ed irregolari, quasi irrisolte e concepite in una direziona assolutamente astratta. […]”
Achille Perilli, “Tutto yin, tutto yang, là è il Tao”, 1972, collezione dell’artista (Fonte: artribune.com)
In conclusione possiamo dire che l’Italia viveva già una piccola rivoluzione agli inizi del ‘900 in ambito artistico grazie al Futurismo, ma comunque l’Astrattismo si insinuò nel Bel Paese durante gli anni ’30, per poi evolversi dagli anni Cinquanta sino ad oggi, secondo un continuo susseguirsi di influenze e nuovi stimoli creativi provenienti da tutto il mondo.
Fonti
Contenuti ed approfondimenti: artonweb.it, blog.artitaliana.it, arte-argomenti.org, archivioaccardisanfilippo.it, archiviopierodorazio.it, settemuse.it, achilleperilli.com, barnebys.it
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