di Matilde Maione
La più ricca rassegna di cinema dell’Estremo Oriente in Europa: il Far East Film Festival di Udine alla sua 22esima edizione.
Il “Far East Film Festival” di Udine si è concluso da qualche settimana ormai e “complice il delicato momento storico” è stata resa disponibile l’intera programmazione di oltre 40 film provenienti da varie aree dell’Asia in modalità online, permettendo di fatto anche a chi non è mai riuscito a raggiungere la regione di poter godere di film molto particolari, accedendo tramite abbonamento.
Esso è un festival dedicato al cinema asiatico, la cui prima edizione si è tenuta nell’aprile del 1999.
Definita “la più ricca rassegna di cinema dell’Estremo Oriente in Europa”, il festival porta in Occidente film che molto probabilmente non vedremmo con tanta facilità. Ma il Far East Film Festival non è solo proiezione di film, infatti vi sono state interviste, commenti, conferenze stampa, videomessaggi dei registi, meeting e tantissime interazioni sui social. Si è creata una meravigliosa rete di appassionati di cinema asiatico che ha unito tutti, dagli “addetti ai lavori” ai fruitori, grazie anche alla competenza e la simpatia degli organizzatori che non hanno mai lasciato da solo il pubblico, coinvolgendo i fruitori nelle attività, anche a distanza.
Quest’anno in rassegna vi erano 46 film alcuni dei quali delle perle rare.
Tra le tante pellicole proposte sono tre i film di cui parleremo in questo articolo: “COLORLESS” (Japan, 2019), “ROMANCE DOLL” (Japan, 2020) e “VERTIGO” (South Korea, 2019).
COLORLESS
Un film di Takashi Koyama del 2019, che tratta le dinamiche dell’amore e dei sentimenti, ma soprattutto aspetti intrinseci e taciuti delle realtà lavorative della società giapponese.
Trama:
“Tra il fotografo Shu (Daichi Kaneko) e l’attrice Yuka (Ruka Ishikawa), dopo uno shooting, nasce un rapporto complicato. Le diverse tappe della loro turbolenta relazione, ma anche i lavori, gli amici e gli amanti di Yuka, rivelano, senza giudizio morale, i misteri che avvolgono la ragazza. Due anime sospese che si muovono sull’onda dei cambiamenti sociali e culturali, assumendo il colore mimetico che serve loro per sopravvivere.”
Sono solitudini che si incontrano e dialogano tra loro, quelle di Shu e Yuka (come spesso accade nelle trame di film nipponici). Sospesi in un tempo non scandito, la storia si svolge sulla sottile linea che passa tra i due destini, diversi eppure così imprescindibili, dei due protagonisti in un susseguirsi di “detto non detto” e incomunicabilità che racconta molto di più di quello che si percepisce alla prima visione, ma che alla fine lasciano un pensiero di incompiuto e, a chi guarda il film, la sensazione del “poteva essere e non è stato”.
La dualità è un concetto molto forte all’interno del film non solo per la diversità dei protagonisti ma anche per i contesti sociali in cui si trovano a vivere, nonché per le problematiche tipiche della terra del Sol Levante, che prepotentemente emergono. Una delle cose più interessanti che il film ci offre è la realtà che ci viene mostrata in una prima parte e che si dimostra poi totalmente diversa da quella che immaginavamo.
VERTIGO
Pellicola sud coreana, anch’essa del 2019, che vede alla regia Jeon Gye-soo. Il videomessaggio del regista per il festival, che precede la visione del film, avverte il fruitore sul finale della pellicola:
“le scene finali potrebbero sembrarci controverse, ma dipende da noi”
Trama:
“La vertigine che attanaglia la trentenne Seo Young (Chun Woo-hee) non è solo la patologia di cui soffre, nonostante lavori in un grattacielo, ma soprattutto, la storia con un collega che non vuole compromettersi, il rapporto conflittuale con la madre ed essere intrappolata in una società sessista e arrivista. Le cose cambiano quando, guardando fuori da una finestra del grattacielo, si trova faccia a faccia col lavavetri Kwon-Woo (Jeong Jae-kwang).”
Questo film è uno sguardo attento alla caducità dei sentimenti e dei rapporti umani.
Più di tutto, il film è una pellicola-denuncia ad un tema particolarmente delicato che purtroppo attanaglia la società coreana e non solo. Quella sessista, opportunista, arrivista e crudele società lavorativa che non guarda in faccia a nessuno se non alla vetta che bisogna scalare per arrivare dove si vuole, anche a costo della propria dignità.
La storia è raccontata con eleganza e personalità. I momenti in cui la protagonista soffre di vertigini sono così percepibili da farli quasi propri, portando lo spettatore a sentirsi proiettato su un grattacelo molto alto e soffrire di vertigini a sua volta.
Tutte le forme di violenza diventano in questa pellicola, un sottile strato di vetro tra il vero io della protagonista e la quotidianità amorosa e lavorativa in cui si trova a vivere.
Il picco più altro del film è sicuramente il messaggio molto forte e positivo per contrastare soprattutto la questione dell’isolamento e la conseguente solitudine, aridità che si trovano a vivere moltissime donne (ma anche moltissimi uomini) nella società sud coreana, reso magistralmente dalla figura del lavavetri e tutte le sue azioni nei confronti della protagonista.
Ci sarà sempre qualcuno che veglierà su di noi, in disparte, quasi inosservato, pronto a proteggerci e a sostenerci nei nostri momenti più bui, quando pensiamo di non essere più importanti a questo mondo.
ROMANCE DOLL
Ritorniamo in Giappone con questo film del 2020 diretto da Tanada Yuki.
Arte nell’arte: è questo che verrebbe da dire una volta conclusa la visione.
Trama:
“Gentilezza, un tocco di poesia e qualche lacrima nella fabbrica di sex dolls dove lavora Tetsuo (Issei Takahashi). La modella Sonoko (Yū Aoi) viene ingaggiata dicendole che deve posare nuda per scopi medici. Tra Tetsuo, che non rivela il suo vero lavoro, e Sonoko scoppia l’amore ma la tragedia è dietro l’angolo. Ormai condannata da un tumore, la donna decide di dare le sue fattezze ad una nuova bambola che sarà un successo senza precedenti.”
Un film dolce-omaro sull’importanza dell’onestà, testimone di come le relazioni silenziose, sentimenti e verità taciute possano ostacolare un amore forte ed insostituibile. Compagno dell’onestà è il tempo che può essere tiranno e beffardo, soprattutto quando ci si rende conto di dover correre e “combattere” per non perdere, poco prima che svanisca, quel qualcosa che rende la vita degna di essere vissuta.
Questa pellicola, volutamente girata in 16 mm per poter toccare più da vicino gli animi degli spettatori, porta con sé quel sottile velo di significati e quotidianità che non cadono nell’artificio per poter spiegare a tutti i costi una morale articolata. Tutto si gioca intorno al contrasto tra finto e reale ed a tutte quelle azioni che spingono il protagonista ad essere sincero con sé stesso.
La sincerità può portare, molto di più di una menzogna detta a fin di bene, alla scoperta di meravigliosi sentieri che credevamo percorribili solo con le bugie, ma che si trovano invece solo con la verità.
TO BE CONTINUED…
Fonti
Immagini: Google Immagini, cinefacts.it, madmass.it, metropolitanmagazine.it
Video: YouTube