di Nunzia La Montagna
Tutta colpa della scuola se i classici vengono "odiati" o "temuti" ?!. Il "caso" Ippolito Nievo.
Le Confessioni di un italiano è un’opera che merita di stare nel canone della memoria culturale e letteraria degli italiani.
Eppure, non è conosciuto dai più nonostante sia un romanzo composto da un genio italiano che ha cominciato a scrivere il libro quando aveva ventisette anni portandolo a termine ancor prima di compierne ventotto.
Nelle Confessioni, Nievo unisce l’esercizio letterario alla passione politica perché è uno scrittore che scrivendo ritiene di lottare per i suoi ideali, ideali di un uomo del risorgimento: ossia liberare la patria.
Ippolito Nievo
Ippolito nacque a Padova il 30 novembre 1831, di famiglia lombarda da parte del padre, veneziana e friulana da parte della madre. Quest’ultima era figlia di Carlo Marin, nobile veneziano che aveva fatto in tempo a partecipare all’ultima seduta del Maggior Consiglio che decise l’annessione di Venezia alla Francia. Il nonno Carlo raccontava a Nievo tutti i suoi ricordi ed è stato sicuramente ispiratore delle Confessioni. Non a caso il protagonista si chiama Carlo.
Nievo affronta un problema che oggi non possiamo comprendere: il desiderio di liberarsi dallo straniero. Gli austriaci amministravano bene ma erano considerati comunque degli stranieri.
In quel periodo essere italiani significava avere a cuore la nazione, creare i presupposti per un’Italia unita e indipendente, sentimento in parte non condiviso dall’italiano odierno.
La popolazione in Italia non condivide più le passioni che hanno animato Carlino delle Confessioni a lottare per la patria, a muoversi in nome di un ideale.
Come siamo arrivati a questo? Ma soprattutto, come possiamo rimediare? È giusta la strada che stiamo percorrendo oggi e sbagliato il sentimento di quanti hanno voluto la libertà dell’Italia dal dominio austriaco?
Con le Confessioni Nievo affronta l’emancipazione dell’italiano che riguarda non solo fattori economici e sociali, ma è soprattutto una passione primitiva. Ci sono fatti identitari molto forti che agiscono, essere italiani, sentirsi italiani, amare le proprie tradizioni, amare gli scrittori italiani.
È forse questo che manca oggi? Quello che possiamo leggere in un’opera del genere non ci appartiene più?
Ogni italiano dovrebbe affrontare un classico simile per comprendere cosa ha significato in quegli anni morire per l’Italia e come si sono battuti i nostri antenati affinché noi oggi potessimo sentirci a casa, senza aver paura di dire la nostra opinione a discapito di qualcuno, liberi di non conoscere bene il tedesco perché allora non conoscere la lingua del dominatore significava essere una spia.
Nel XXI secolo un libro della portata delle Confessioni bisogna che sia conosciuto da tutti, perché ritorni in noi quella passione e fierezza di sentirci italiani e di essere anche in grado di non disprezzare più lo straniero, qualsiasi esso sia, ma di instaurare un rapporto costruttivo rispettando le culture.
L’amor di patria si respirava a casa Nievo e lo scrittore inserisce questa passione nel suo libro in cui parla dei dieci anni di preparazione che vanno dalla fine della prima guerra di indipendenza (1848-1849) all’impresa dei Mille, a cui Nievo partecipa e muore.
Con le Confessioni l’autore vuole stimolare i suoi concittadini, gli altri italiani, a non essere tiepidi. Inoltre, era importante anche educare e convincere la plebe, avvicinare i contadini per conquistare la causa nazionale perché solo con la popolazione tutta unita si potrà cacciare via lo straniero.
Non esistono nobili, borghesi, clero e plebe, gli italiani sono un tutt’uno e devono continuare ad esserlo!
“Ma cento milioni di miglia sopra quelle effimere battaglie, le stelle siedono eterne sui loro troni di luce; l’occhio le perde di vista tavolta e il cuore ne indovina sempre i raggi benigni, e ne sente e ne raccoglie l’arcano calore”