di Myriam Leone
Le cronache di Narnia: come il fantasy e la fiaba aiutano a diventare grandi. La serie di romanzi di C.S. Lewis. Perché leggerla
Le cronache di Narnia di C.S.Lewis insieme a “Queste oscure materie” di Philip Pullman rappresenta uno dei capisaldi del genere fantasy del Novecento inglese.
Le cronache di Narnia di C.S.Lewis è senz’altro l’opera letteraria inglese che insieme alla mastodontica opera di J.R.R. Tolkien “Il signore degli anelli” ha reso la letteratura inglese del Novecento, ed in particolare di genere fantasy, la più amata e letta.
Immaginiamoci una casa di Londra, incastonata e “appiccicata” ad altre case.
Una semplice abitazione inglese, sviluppata in altezza, fatta di mattoni rossi, una porta grande che si affaccia su una piccola scalinata…
Andiamo però indietro nel tempo, tanto tanto indietro. “Questa è una storia di tanto tempo fa…”
Così incomincia una dei capolavori della letteratura inglese del’900, “Le cronache di Narnia” di Clive Staples Lewis (conosciuto come C.S. Lewis). Un high fantasy che ci porta in una terra lontana, un mondo dove “tutto può nascere e crescere”, creato tramite un “canto”, dove ci sono montagne, mari, lampioni, campane, terre vaste e sconfinate e soprattutto animali parlanti: fauni, lepri, cavalli, castori, topi… Leoni.
Il nome Narnia, scelto dall’autore, ci fa sentire anche un po’ a casa, lontano dalla foschia e dal freddo londinese. “Narnia” infatti deriva da “Narni”, una cittadina italiana in provincia di Terni, che in latino viene chiamata “Narnia”.
Lewis scelse questo nome poiché, trovandolo su una cartina, gli piacque il suono della parola. Già da qui è possibile riscontrare la semplicità che caratterizza lo stile e la scrittura di questo immenso autore. Ma andiamo avanti.
Questo racconto viene, inoltre, definito “cronache” perché esso è una raccolta di più storie, ognuna delle quali però rappresenta una narrazione a sé. Vi sono sette avventure: Il nipote del mago, Il leone, la strega e l’armadio, Il cavallo e il ragazzo, Il principe Caspian, Il viaggio del veliero, La sedia d’argento, L’ultima battaglia.
Struttura dei romanzi “Le cronache di Narnia” e personaggi principali
Sebbene non scritti in quest’ordine dall’autore, la casa editrice che pubblicò per la prima volta questo romanzo, la Harper e Collins decise, sotto consiglio di Douglas Gresham, figlio adottivo di Lewis, di riorganizzare i racconti seguendo la disposizione temporale delle storie.
Ed ecco che ci troviamo di fronte a sette vicende che narrano, tutte, di ragazzi che, attraverso diverse e varie modalità, scoprono Narnia e hanno la possibilità di vivere avventure avvincenti e incontrare personaggi fantastici.
Diggory, Polly, Peter, Susan, Edmudn, Lucy, Shasta, Eustachio, Jill sono coloro che ci accompagnano alla scoperta di Narnia, ci aiutano ad entrare in questo posto mozzafiato, ci permettono di ascoltare Aslan, il grande Leone e protettore di Narnia, di combattere per la libertà, di sconfiggere streghe maligne e perfidi governatori, in altre parole… di crescere.
Esperienza di lettura
Ricco di significati religiosi ed allegorici, le Cronache di Narnia permette al lettore di andare lontano, di immaginarsi elementi fantastici che non hanno la presunzioni di lasciare morale ed insegnamenti, ma di far sentire meno solo chi legge, di ascoltare qualche buon consiglio e recuperare le forze che molto spesso si perdono lottando contro la quotidianità e la realtà.
Andando oltre a quello che si può cogliere di religioso, come la continua lotta tra il bene e il mare, il chiamare i protagonisti “figli di Adamo e figli di Eva”, rivedere nella figura del leone Aslan il Cristo, tale romanzo, a mio parere, permette di mettere l’accento su come sia ancora bella e senza tempo una buona storia che ha come elementi caratteristici quelli della fiaba.
Nel suo discorso “Tre modi di scrivere per l’infanzia”, Lewis ci dice:
Usare il racconto per l’infanzia è, per me, la forma migliore per esprimere quello che si ha da dire […]La fiaba, come genere, ti consente di lasciar fuori le cose che vuoi lasciare fuori, mentre ti costringe a trasfondere tutta la forza del racconto in ciò che viene detto e fatto.
C.S.Lewis
Le storie, infatti, sono scritte in maniera molto semplice e lineare; non ci sono tecnicismi, paroloni o elementi che “fanno pesare” la lettura.
Lewis ha quel tocco magico di chi sa raccontarti una buona storia senza annoiarti anzi, accresce in te quel senso che ti spinge a continuare a leggere, a cercare di capire come si sviluppa la vicenda, cosa succede, come va a finire.
Come detto precedentemente, ogni libro ha dei suoi personaggi e una sua storia ben definita.
Questo permette ancora di più al lettore di rispecchiarsi in chi più assomiglia, in chi più riflette la sua personalità, il suo essere.
Abbiamo Diggory e Polly, due bambini impavidi che assistono alla nascita di Narnia, lottando per proteggerla; ci sono poi i quattro fratelli Peter, Susan, Edmudn e Lucy: ognuno di loro, con le proprie azioni e pensieri, mette in luce aspetti belli e difficili dell’essere fratelli.
La fiducia, il tradimento, l’amore, il perdono rappresentano i temi più importanti che si sviluppano e si ritrovano in questa storia.
Ci sono poi Eustachio e Jill, che incarnano il dubbio, lo scetticismo, la solitudine, l’abbandono ma anche la forza di ricominciare e rischiare che ognuno sente e prova, soprattutto negli anni infantili ed adolescenziali.
Una delle regole di Narnia è che, quando si diventa “abbastanza grandi”, si smette di avere la possibilità di visitare e vivere questa grande e fantastica terra.
Peter e Susan, ad esempio, fanno il loro ultimo viaggio a Narnia nel “Il Principe Caspian” mentre nel “Il viaggio del veliero”, Edmudn e Lucy dicono “addio” a queste terre.
Diventare grandi: affrontare il regno adulto
Diventare grandi…è uno degli elementi, a mio parere, più belli che caratterizza queste storie, sebbene molti critici letterari hanno sottolineato l’aspetto negativo di tale pensiero: Lewis rappresenta, per loro, l’uomo con la “famosa sindrome da Peter Pan”, che ha paura di crescere e che quindi si rifugia in mondi fantastici e immaginari.
Invece, trovo importante sottolineare come il ritorno alla fiaba permette ancora di più di apprezzare il particolare e delicato passaggio nell’età adulta.
I bambini, una volta adulti, non possono entrare a Narnia non perché sono stati cattivi, ma perché quel luogo ormai ha dato loro tutto ciò che poteva dare.
In realtà, anche se il tempo passa, se si smettere di credere, se ci si perde e si dimentica di aver vissuto avventure fantastiche con animali strambi e parlanti, alla fine, con un po’ di magia, è sempre possibile riuscire a ritornare a Narnia, in quel luogo fantastico fatto di coraggio, lealtà, libertà.
Ritornare a Narnia significa tornare dove ci siamo sentiti voluti, accolti; dove ci siamo riconosciuti come uomini e donne che possono affrontare streghe cattive, governatori tiranni, animali feroci; dove abbiamo capito di non essere soli, e, soprattutto, che diventare grandi non fa paura.
Significa, in altre parole, ritornare a casa, soprattutto quando intorno a noi vediamo solamente il buio e l’oscurità di una realtà fredda e di un mondo troppo vuoto.
Perché leggere “Le cronache di Narnia”?
Beh… vi direi, perché non leggerle?
Lasciatevi traportare in terre lontane. Conoscete Diggory, Polly, Lucy, Jill, immergetevi in loro, ascoltate il grande leone Aslan e poi, una volta chiuso il romanzo, ricordate come vi siete sentiti, perché è proprio quella sensazione che vi permette di guardare il mondo che ci circonda, che abitiamo, con occhi nuovi, più sinceri, più infantili, più dolci.
Leggetelo infine, perché, come dice lo stesso Lewis:
È probabile che i giovani debbano affrontare nemici crudeli: che almeno abbiano sentito parlare di valorosi cavalieri ed eroica gesta di coraggio.
C.S.Lewis