di Matilde Maione
Napoli e i suoi artisti contemporanei. La città è “sulla bocca di tutti”, gli artisti/e partenopei/e non tanto! Come mai e chi sono?
Di Napoli si parla tanto. Nel mondo è famosissima per i suoi colori, i sapori, la musica, le sue contraddizioni e le sue ossessioni. Napoli è città di tutto il mondo. Puoi parlare qualsiasi lingua, qui verrai sempre capito.
L’arte è uno di quei linguaggi che a Napoli ha sempre trovato le porte spalancate. Non si è mai tirata indietro anche quando il resto del mondo non apprezzava.
Di qui sono nati o passati i grandi dell’arte. Personalità che altri paesi ci ammirano ed invidiano.
Tra queste grandi personalità vi fu Lucio Amelio, uno dei grandi protagonisti della scena artistica contemporanea napoletana.
Ritratto di Lucio Amelio, Andy Warhol, acrilico (Fonte: vesuviolive.it)
La sua storia è conosciuta in tutto il mondo.
Grazie al suo attivismo culturale, Lucio Amelio ha portato a Napoli grandi artisti e fatto conoscere al mondo i nostri.
Aprì nel 1965 la Modern Art Agency e poi nel ’69 la galleria che avrebbe portato il suo nome e ospitato artisti di fama internazionale rendendo internazionali anche gli artisti locali.
Grazie a lui l’Arte Povera e la Transavanguardia si fecero strada nel panorama artistico europeo ed internazionale costruendo relazioni salde con il mondo dell’arte a 360°.
Dopo Lucio Amelio l’arte contemporanea si è fatta strada nei vicoli di Napoli, nel cuore di appassionati e studiosi; tutt’oggi continua a costruire, mattone dopo mattone, le salde fondamenta di un futuro contemporaneo roseo ed inimmaginabile.
Napoli, che è sempre stata fucina di grandi artisti, oggi possiede perle rare che compongono un patrimonio artistico immenso.
Negli spazi allestitivi di musei e gallerie gli artisti/e si sono fatti/e strada nel panorama contemporaneo napoletano ed internazionale.
Nato nel 1960, Umberto Manzo è uno degli artisti che si è fatto strada nel cuore dei napoletani e del mondo.
Egli utilizza tecniche e materiali diversi tra loro come: l’emulsione fotografica, il disegno a grafite, la pittura a olio: sperimenta con i colori, le colle vegetali, il legno.
Quando ci si trova al cospetto di una sua opera non si può far altro che pensare che tutti quegli strati di tela e carta, che talvolta compongono una figura, forse ci rappresentano.
Proprio come noi esseri umani, che siamo composti da “strati di vita vissuta” che ci hanno reso ciò che siamo nel momentaneo presente, anche le sue opere hanno un carattere che si è formato nel tempo, strato dopo strato. Hanno cioè tanto da raccontare e rappresentare.
A Napoli, la sua città, lo si può trovare in molti luoghi. Addirittura qualcuno ci passa davanti ogni giorno per andare a lavoro. Perché forse non tutti sanno che una delle sue opere è esposta in una delle Stazioni dell’Arte, precisamente Quattro Giornate della Linea 1 della Metropolitana di Napoli.
«Senza titolo: tre teche, fissate al muro con travi in ferro, che racchiudono disegni, fogli di giornale, fotografie, in cui, come afferma l’artista, “le teche custodiscono stratificazioni di memorie”, assecondando “una lettura verticale, in rapporto al viaggio nel sottosuolo, e una lettura orizzontale, le travi, il binario, il percorso del viaggio”» (madrenapoli.it)
Ho avuto l’immenso piacere di conoscere Carla Viparelli, di entrare nel suo studio, di guardare le sue opere raccontate da lei stessa. È stata una gioia immensa. Le sue opere sono poesia. Il gioco che unisce le parole alla materia è meraviglioso.
La pittura e la scultura sono le sue tecniche predilette. Il legno è spesso la sua tela ed il corpo delle sue sculture, ma utilizza ogni sorta di materiale come: cristalli, plexiglass, pietre, conchiglie e metalli. Una particolarità del suo lavoro è il gioco di parole presente nei titoli delle opere.
Titoli che assumono un ruolo fondamentale per la rappresentazione stessa presente nelle opere.
Ogni sua opera ha una storia ben precisa, studiata per essere interpretata dall’artista e poi raccontata. Si! Raccontata perché Carla Viparelli è attivissima anche online e in giro per il mondo (almeno prima del periodo pandemico).
Adora parlare del suo lavoro e delle sue opere e tutto l’amore e la passione che prova riesce a trasmetterlo in modo superbo. È una di quelle artiste che spalanca le porte del suo meraviglioso studio per portarti nel suo personalissimo mondo.
La sua è stata una formazione tutta sul campo. Niente accademia o scuola d’arte. Nino Longobardi è nato artista e si è formato da artisti. Nel ’68 l’incontro con Lucio Amelio. Da lì un sodalizio che avrà fine solo alla scomparsa del gallerista nel 1994.
Frequenta artisti come Joseph Beuys e Carlo Alfano. Sviluppa col tempo il suo talento artistico e la figura umana diventa la forma prevalente delle sue opere. È espressivo, materico, i suoi lavori esprimono una potenza incredibile. Nel 1978 la sua prima personale nello studio di Gianni Pisani e poi un anno dopo da Lucio Amelio.
Disegna su carta o direttamente sulle pareti, ricontestuallizza oggetti e rende scultoree le tele. Nel 1980, sorpreso dal terremoto dell’Irpinia mentre lavora alla sua seconda personale con Lucio Amelio, Longobardi cambiò tutto il suo lavoro, creando un ciclo sulle quattro stagioni facendo riferimento alla tragedia avvenuta.
Da lì in poi un successo sempre crescente, seguono numerose esposizioni in Italia e all’estero. Diventa un artista internazionale.
Anche lui come Umberto Manzo possiamo trovarlo nelle Stazioni dell’Arte. Alla fermata Quattro giornate realizza, nel 2001, quattro opere, tra cui un grande rilievo in bronzo, ispirate alla Resistenza napoletana. Oppure ancora a Salvator Rosa possiamo trovare un’altra scultura in bronzo, “Monumento al poeta”.
“Pittura, video, installazione, performance; azioni e PULP_azioni che comunicano l’arte attraverso il corpo. Cinema e letteratura i suoi punti di inspirazione. Internet il suo terzo braccio; musica il sedativo e l’anfetamina. Roxy in the box usa come mezzo la POP ART e tutto ciò che risiede sulla superficie utilizzandone a pieno linguaggi ed icone” (roxyinthebox.it)
Sono sparse in giro per la città. Se si passeggia tra i vicoli di Napoli le si possono vedere. Di cosa sto parlando? Delle icone del passato o dei giorni nostri, affisse alle pareti: Marina Abramović, Amy Winehouse, Jean-Michel Basquiat, Caravaggio, Anna Maria Ortese, Che Guevara e molti altri.
“Il progetto inizia nel 2015, un esperimento su come si può passare da una formula intima di creazione a una pubblica. Ho la necessità di sapere come funziona un’azione artistica in un ambiente popolare, creando e analizzando il vuoto che si forma quando l’opera scompare” (in un’intervista per napoli.repubblica.it)
Il percorso di Roxy in the box è oggi orientato verso l’investigazione di fotografia e video attraverso azioni performative non-live.
Qui sono citati solo quattro artisti del panorama artistico contemporaneo napoletano, ma al di fuori di questo articolo, tra i vicoli della città, nelle piccole botteghe, da finestre piccolissime o in angusti bassi, si intravedono gli artisti di oggi e di domani.
Li troverete intenti a lavorare alle loro opere, con spirito appassionato, contornati da qualcuno che, incuriosito, li osserva.
Se mai doveste perdervi tra i vicoli di Napoli, scoprirete sempre una piccola bottega o un laboratorio dove nascono le opere che un giorno potremo vedere nei musei di tutto il mondo.
Almeno questo è ciò che ci auguriamo, perché essere un artista, non è semplice diletto, ma un lavoro, un appassionante meraviglioso lavoro.