di Nunzia La Montagna
Una delle poesie più belle ed attuali di Eugenio Montale: Spesso il male di vivere ho incontrato.
Montale è stato uno dei più grandi interpreti della condizione spirituale della modernità, in cui oggi siamo ancora per tanti aspetti immersi.
La parola poetica di Montale può per cui agire ancora con intensità ed urgenza.
La poesia “Spesso il male di vivere ho incontrato” si trova nella raccolta poetica Ossi di seppia, pubblicata nel 1925.
Ne segue il testo:
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
In questa poesia, il “male di vivere” non viene evocato attraverso forme o complementi di paragone, in un senso metaforico e analogico, ma si identifica direttamente con le cose che lo rappresentano, emblemi nei quali si incarnano e si rivelano il dolore e la sofferenza.
Il malessere esistenziale prende corpo nella realtà, ne riproduce concretamente le espressioni attraverso delle immagini.
La poesia di Montale è interprete del male di vivere come sofferenza dell’individuo non più in armonia con il mondo e ha messo in evidenza l’impossibilità di assumere un’identità forte e coerente, ha insistito sulle divisioni che lacerano l’animo, sul suo caos che non è dato ridurre a ordine.
Ma un tema di Montale che tocca particolarmente da vicino il nostro vivere quotidiano è la ripetitività monotona del tempo, per cui la nostra vita è uno scorrere solo apparente verso qualche fine, mentre in realtà si resta immobili.
Questa è un’esperienza che probabilmente tutti hanno provato, con un senso di insofferenza, con un desiderio che venisse qualcosa a rompere quella ripetizione frustrante.
Leggere Montale, che sia “Ossi di seppia” oppure altro della sua produzione letteraria, resta un balsamo per l’anima oggi come ieri.